Al momento stai visualizzando Un talismano contro la negatività? La vera autostima.
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Cos’è l’autostima e perchè la sua mancanza e la sua ricerca può sfasciare alcune coppie? In questo articolo cercherò di illustrare cosa si intende per una corretta autostima, quanto sia pericoloso lasciarla nella mani degli altri e mostrerò alcuni esempi in cui la sua perdita e la sua ricerca può mandare in frantumi anche coppie solide.

 

 

C’è stato un periodo in cui si è ritenuta una scarsa autostima la causa di tutti i mali della società e la fonte di ogni insuccesso personale in qualsiasi campo, da quello sentimentale a quello lavorativo. Sono sorti come funghi corsi e pubblicazioni volti a pompare autostima nelle persone e in effetti le ricerche hanno dimostrato che rispetto a quaranta anni fa l’autostima media delle persone è aumentata ma questo non solo non ha abbattuto i mali dell’umanità ma ha anche prodotto molti danni.

Una definizione di autostima che sposo in pieno è quella dello psicologo Martin Seligman

“L’autostima è come il tachimetro del veicolo. Ti dice a quanto stai andando. Se vuoi andare più veloce non manometti il tachimetro ma il motore”

L’autostima quindi è una, quanto più possibile veritiera, consapevolezza del proprio valore e dei propri limiti.

E’ su questo punto che si gioca, secondo me, la vera partita. Si potrebbe convincere con tecniche opportune una persona che può volare ma questa potrebbe buttarsi da un palazzo e scoprire a sue spese la falsità di questa convinzione. E’ un esempio estremo giusto per spiegare meglio il concetto ma potremmo analizzare anche casi reali. Uno dei modi per far crescere artificialmente l’autostima è abbassare il livello delle difficoltà, cosa che è successa nelle nostre scuole, ottenendo ragazzi meno preparati e che pretendono voti più alti senza alcuna correlazione con le reali capacità. Roy Baumeister dice:

“I ragazzi possono lavorare duro per sentirsi bene con se stessi e un intervento che li incoraggi a sentirsi bene comunque, a prescindere da quanto studiano, può privarli del motivo per studiare”

Il rischio di una falsa autostima è il narcisismo, il credere di essere quello che non si è realmente e l’attribuire agli altri le cause dei propri insuccessi. In poche parole si perde la vera molla capace di farci progredire.

Nicholas Emler ha dimostrato che fenomeni come bullismo e comportamenti antisociali in ragazzi/e non sono frutto di bassa autostima ma al contrario di una autostima ipertrofica che porta al rifiuto delle regole e della guida degli adulti, è invece vero che una bassa autostima, però in associazione anche ad altri fattori, può far diventare vittime dei/delle bulli/e.

Un altro concetto correlato con l’autostima è, secondo me, l’umiltà che però va illustrata bene. La cultura cattolica, e di conseguenza la nostra, considera l’umiltà una grande virtù ed è corretto perchè qualsiasi cosa di grande io possa essere sarò sempre una nullità se confrontato rispetto a Dio. Purtroppo col tempo si è perso il termine di paragone ovvero dal “io sono una nullità rispetto a Dio” si è passati al “io sono una nullità” e da questo sono scaturiti due tipi di comportamenti:

a) “Io sono peggiore degli altri” un tipico comportamento che abbatte la propria autostima perchè porta a sottovalutare i propri pregi ed enfatizzare i propri difetti. Chi cade in questa trappola finisce col tirarsi indietro nel confronto con persone che millantano doti e capacità mai avute ,(quelli con autostima falsa), perdendo occasioni e magari non riuscendo a presentarsi bene alla persona che si desidera conquistare.

b) falsa modestia, un comportamento che all’eccesso risulta stucchevole e fastidioso e che comunque può andare bene in società ma non sul mondo del lavoro dove chi collabora con voi deve avere una chiara idea dei vostri pregi e dei vostri limiti.

Secondo me, la miglior definizione di umiltà la ha data Gandhi

“Ogni persona che incontri è migliore di te in qualcosa; in quella cosa impara “

In questa frase non c’è alcuna negazione delle proprie virtù ma la consapevolezza che si può sempre imparare qualcosa da tutti, è un modo positivo di concepire l’umiltà e non limitante.

Al Siebert nel suo bellissimo libro,” il vantaggio della resilienza” che consiglio caldamente a tutti di leggere, sviluppa ulteriormente il concetto di autostima scomponendolo in quelli che chiama i tre guardiani:

  • Fiducia in sé stessi: dipende dal sistema nervoso somatico e ci dice quanto saranno efficaci le nostre azioni. Chi ha una forte fiducia in sé stesso si attende di intraprendere con successo nuove attività e di superare avversità inattese , chi invece ne è carente guarda con ansia alle possibili sfide future.
  • Autostima: dipende dal sistema nervoso autonomo ed è l’opinione che si ha di sé stessi a livello emozionale, ci dice cosa proviamo per noi stessi e ci permette di assorbire i colpi delle critiche aspre che potrebbero rivolgerci.
  • Immagine di sé: dipende dal sistema nervoso centrale ed è l’insieme dei pensieri relativi a chi e che cosa siamo.

Per gli scopi di questo articolo non è essenziale raggiungere un simile livello di dettaglio e per questo motivo continuerò a usare la parola autostima per indicare uno o l’insieme di questi tre elementi.

Una volta descritto cos’è l’autostima vediamo come questa si origina e come può essere incrementata. Uno studio sui gemelli sembrerebbe indicare una certa influenza genetica e sicuramente percosse e abusi durante l’infanzia portano ad una scarsa autostima ma è anche vero che durante l’arco dell’esistenza successi e fallimenti possono incrementarla o decrementarla.

“Nessuno ha avuto un’infanzia ideale. A tutti sono successe cose che non dovrebbero accadere a un bambino e non ne sono successe altre di cui i bambini avrebbero bisogno. Ma non c’è nulla di grave : noi esseri umani siamo in grado di guarire le ferite emozionali precoci e compensare le esperienze mancate. Da adulti possiamo liberarci delle esperienze dell’infanzia che ci condizionano – Al Siebert”

I modi per alimentare la propria autostima possono essere diversi e io li divido in interni ed esterni. Quelli interni nascono dall’accettare e superare con successo le sfide della vita, la consapevolezza interiore che si ricava è duratura ed è vera. La propria autostima può essere alimentata anche dall’esterno grazie alle persone che ci circondano e al nostro posto nella società. E’ naturale per un essere sociale quale l’essere umano vedersi anche con gli occhi degli altri ma è molto pericoloso far dipendere la consapevolezza di noi stessi dagli altri perchè diamo loro un’arma che potrebbero usare contro di noi. Per esempio se il signor X mi fa crescere l’autostima con i suoi complimenti allora potrebbe farmela anche decrescere con le sue critiche, magari interessate. E’ altrettanto pericoloso far dipendere la propria considerazione da cose quali la propria la professione, il reddito, la bella casa, la bellezza o la prestanza fisica perché, se perse, creano una crisi di identità potenzialmente distruttiva.

Da sempre l’identità maschile è data dalla professione ed infatti gli uomini generalmente rispondono alla domanda “chi sei?” indicando il loro lavoro ed è per questo che perderlo implica una crisi di identità. E’ questo un vero e proprio tallone di Achille che in modo più o meno marcato incombe sul sesso maschile perchè l’attuale mercato del lavoro è caratterizzato da una grande mobilità e le aziende tendono ad avere cicli di vita molto veloci per cui possono nascere, fare fatturato e morire in pochi anni obbligando i lavoratori a doversi riciclare spesso. Da questo punto di vista sono meglio attrezzate le donne che possono essere angosciate per gli aspetti economici della perdita di un lavoro ma di certo non vedono compromessa la loro identità.

In una comitiva che frequentavo in gioventù c’era una ragazza molto bella che si vestiva sempre usando un look simile a quello di moda sui marciapiedi delle zone periferiche. Non si trattava del naturale desiderio femminile di essere guardate ma, a mio parere, di una ricerca di conferma della propria bellezza grazie agli sguardi maschili. Istintivamente gli uomini percepiscono come molto attraenti i segnali di disponibilità sessuale della donna e ne sono attratti, un meccanismo usato spesso nel trucco dove per esempio il rossetto rosso non fa altro che simulare il normale arrossamento delle labbra della donna in caso di eccitazione. Con questo trucco lei attirava lo sguardo di tutti gli uomini (e delle donne, sia pur per motivi diversi) che però interpretavano i suoi segnali come una ostentata ricerca di accoppiamento oppure di clienti, dalle mie parti si direbbe “ha messo il cartello si loca”. Avendola conosciuta posso testimoniare che in realtà niente era più sbagliato e nei fatti si trattava di una ragazza normalissima. Questo suo bisogno di attirare sguardi le creava un problema non lieve, i ragazzi con cui intesseva una relazione non riuscivano ovviamente a sopportare di accompagnarsi con una donna che appariva a tutti poco affidabile e dopo vari litigi , sia pur sinceramente innamorati, la lasciavano. A lei sarebbe bastato guardarsi allo specchio per verificare il suo sex appeal (una autostima vera, appunto interna) ma cercava all’esterno le conferme che non riusciva a trovare da sola pagando però la cosa a caro prezzo con la crisi dei suoi rapporti sentimentali e ponendo le basi della sua rovina perchè la guerra contro il tempo è una guerra persa e prima o poi l’interesse suscitato negli altri naturalmente inizia a scemare.

L’autostima vive anche di confronti ed un mezzo per alimentare la falsa autostima consiste nel mettere in cattiva luce gli altri , ad esempio con pettegolezzi o critiche infondate o esagerate, per innalzare di fatto sé stessi. E’ una tecnica scelta da molti e che ha diversi effetti collaterali abbastanza pesanti. Innanzitutto si crea un ambiente conflittuale attorno a sé, ci si espone alle rappresaglie e una volta “sgamati” si perde la stima degli altri. Chi sceglie la tecnica del “beati monoculi in terra caecorum” si è rinchiuso nella difesa dell’esistente rinunciando di fatto a progredire accettando a viso aperto le sfide che gli altri ci portano.

Chi è dotato di una falsa autostima tende ad essere arrogante, ad imbrogliare e mentire perchè ha bisogno del consenso degli altri e per ottenerlo farebbe qualsiasi cosa mentre chi è dotato di una vera autostima tende ad essere sincero perchè la sua coscienza di sé non ha bisogno degli altri e non ha quindi bisogno di carpire il consenso.

Chi ha una autostima debole cerca con vari sistemi di ottenere i complimenti degli altri ma quando li ottiene li rifiuta di fatto. Sono sicuro che i lettori uomini stanno pensando alla classica domanda femminile che non ha risposte giuste: “mi vedi grassa?” Le donne hanno, anche a causa dei media, una scarsa autostima circa il loro aspetto e la risposta “No, non sei grassa” viene respinta perchè considerata non sincera. E’ paradossale, si chiede inconsciamente una conferma positiva ma una volta ricevuta la si considera falsa, (e spesso non lo è).

Ogni sfida vera implica la possibilità del fallimento, è possibile reggerlo senza intaccare la propria autostima?

Come ho già detto per far lievitare la propria autostima bisogna confrontarsi con i propri limiti in sfide che siano di interesse e che siano credibili. Per fare un esempio se io oggi decidessi di scalare l’Everest compirei semplicemente una follia perchè non nutro alcun interesse verso l’alpinismo e la mia preparazione nel campo specifico è molto prossima allo zero. Se invece io fossi un vero appassionato di alpinismo (c’è l’interesse e quindi l’obiettivo è importante) e avessi già scalato il Monte Bianco potrei serenamente decidere di scalare l’Everest (la sfida è credibile perchè c’è la preparazione) a patto di sottopormi ad un allenamento adeguato.

Una corretta preparazione non è però garanzia di successo ed è proprio nella gestione del fallimento che si distingue chi ha una bassa autostima di partenza e chi invece è ben dotato di quella vera.

“Se la vostra fiducia in voi stessi, l’autostima e l’immagine di sè sono deboli, tendete a interpretare l’insuccesso come un giudizio negativo su di voi come persona e sulla vostra incompetenza. Se invece sono forti vedete nell’insuccesso un riscontro dell’inefficacia delle vostre azioni abituali e un’utile indicazione per renderle più efficaci. Al Siebert”

Il concetto espresso da Al Siebert è, secondo me, importantissimo. La persona con scarsa autostima tenderà a rifiutarsi di affontare nuove prove proprio per non ferire ulteriormente la sua autostima o, se proprio costretto, si sottoporrà ad un addestramento eccessivo e maniacale per essere inattaccabile, sprecando però tempo ed energie. Un esempio può essere il ragazzo timido. Poichè ritiene di non avere grandi qualità avrà sempre problemi a proporsi alle ragazze e, se proprio motivato, tenderà a farlo in maniera goffa e rinunciataria inoltre ogni rifiuto gli toglierà la forza di provarci con la prossima. Anche il “casanova” ha avuto degli insuccessi ma la sua reazione è stata “avanti un’altra”.

Molto interessante è la scoperta della psicologa Carol Dweck secondo cui l’autostima è vulnerabile se una persona ritiene che le sue capacità siano innate e tenderà quindi a darle per scontate subendo una brutta botta all’autostima se invece si fallirà in qualcosa che per una qualche ragione esoterica avrebbe dovuto filare liscia come l’olio. Chi invece ritiene che le sue capacità siano il frutto di un continuo affinamento allora accetterà l’insuccesso come parte del processo di apprendimento

Illuminante è la scoperta di Julian Rotter che negli anni 60 elaborò un test per individuare quali studenti ritenessero di poter esercitare un controllo sulla propria vita e quali invece ritenessero gli eventi della loro vita determinati dall’esterno. Paradossalmente Rotter scoprì che entrambe le convinzioni si avveravano ovvero chi riteneva il suo destino determinato da forze esterne si comportava in maniera tale da avvalorare questa opinione mentre chi credeva che il suo destino fosse nelle sue mani agiva in maniera fattiva per dare alla propria vita la direzione voluta.

Carol Hyatt e Linda Gottlieb intervistarono moltissime persone di successo e tutte confessarono di essere incappate in qualche grave insuccesso. Vincere facile, come recita il famoso spot, non è cosa utile a chi voglia progredire nella vita come negli affari ed anche un insuccesso ha tanto da insegnare, basta affrontarlo nella giusta maniera.

Alcuni esempi di come le ferite all’autostima o la sua ricerca possono mandare in pezzi anche coppie solide.

Caso 1

La presenza dei figli e gli impegni lavorativi costringe la coppia a programmare gli incontri sessuali e questo può creare problemi soprattutto se queste difficoltà vanno incrociate alla naturale ciclicità del desiderio femminile. Se l’uomo prende l’iniziativa ma viene ripetutamente respinto questo va a intaccare l’autostima maschile anche perchè la donna, in genere, non si rende conto di stare gestendo la cosa nel modo peggiore.

  • Usa scuse poco credibili e ripetitive: il classico mal di testa.

  • Rimanda in maniera fittizia: “adesso no, facciamo stasera” e poi si fa trovare addormentata. In questo caso ha addirittura creato l’attesa e quindi amplificato il desiderio.

  • Oppone incombenze: “adesso no, devo fare la tal cosa”. In questo caso si crea addirittura una scala di valori in cui a cose marginali viene dato un valore superiore rispetto al partner.

“Quando l’uomo si sente ripetutamente respinto comincia a perdere il desiderio. Magari comincia a desiderare altre donne da cui non è mai stato respinto, oppure perde totalmente l’interesse verso il sesso. John Gray”

Come ho avuto modo di dire nell’articolo (https://www.sublimia.it/sesso/uomini-sesso.html) è con il sesso che gli uomini si aprono ai sentimenti e quindi il rifiuto arriva nel momento di maggiore vulnerabilità. Inoltre non essere desiderati dalla propria partner è di per sè una ferita alla propria autostima. Ad ulteriore conferma possiamo notare che lo stesso uomo entra in fibrillazione per due settimane di astinenza quando convive ma sopporta disciplinatamente dei mesi in bianco se la compagna vive lontano. Nel primo caso c’è il rifiuto che nel secondo caso non è presente visto che l’impossibilità è legata a motivi oggettivi e indipendenti dalla volontà.

Al contrario di quello che sostiene John Gray, io credo, che questa situazione porti più a cercare conferme presso altre donne che alla rinuncia del sesso in toto, (a meno chè Gray non si riferisse solo al sesso all’interno della coppia). Per evitare l’ennesimo rifiuto l’uomo smette di proporsi ed è a questo punto che la donna comincia ad avere crisi alla sua autostima perchè non si sente più desiderata dal partner.

“In alcuni casi l’uomo devia l’attrazione sessuale verso una donna immaginaria, oppure una donna di cui non gli importa niente. Se non gli importa niente di lei non rischia di provare il dolore del rifiuto. Così si spiega perchè in alcuni casi l’uomo si infatua di una sconosciuta e perde l’interesse per colei che ama. John Gray”

A complicare le cose bisogna anche dire che se alla domanda: “vuoi fare l’amore?” La donna risponde: “non so” o “non sono sicura” questa viene interpretata come un rifiuto educato mentre non è affatto detto che sia così e magari lei ha bisogno di qualche attenzione o semplicemente un po’ di tempo per capire se lo vuole o meno.

John Gray descrive l’incontro con una coppia in crisi che ha “curato”

Annie ha detto a Jake: << mi piacerebbe tornare a fare di più l’amore con te. Ce l’hai con me?>>

lui sorpreso <<A me sembra che sia sempre io a volerlo fare e sia tu invece a non avere voglia. Molte volte ho voglia di farlo ma non dico niente perchè so che non sei in vena.>>

Lei ha risposto << come fai a sapere che non sono in vena se non me lo chiedi?>>.

Lui << lo so e basta. Sono stato respinto troppe volte per non saperlo>>

lei << sei davvero ingiusto con me . Se a volte non sono in vena, potresti provare a dirmi che hai voglia: magari scopro che ce l’ho anche io>> […]

Personalmente sono convinto che molti consulenti di coppia si siano confrontati con questo tipo di meccanismo infernale che però si può dominare facilmente, in fondo si tratta di reazioni automatiche e quindi prevedibili.

Cosa può fare l’uomo?

Anche se si sono ricevuti molti rifiuti ed è diventato oggettivamente molto pesante riproporsi, non bisogna considerare chiusa la relazione ma continuare ad approcciare la partner come si faceva prima.

Cosa può fare la donna?

Innanzitutto mostrare chiaramente, (i messaggi sfumati gli uomini, generalmente non li colgono), che a lei piace fare l’amore con lui. Cosa da fare sempre durante una relazione giusto per evitare equivoci.

Se si sono detti molti no (è il caso di segnarseli visto che la memoria non aiuta) allora è opportuno proporre in maniera esplicita al proprio uomo un rapporto; pretendere che lui colga oscuri segnali di disponibilità quando si è troppe volte scottato è semplicemente irragionevole.

Le donne hanno giorni si, (in genere a cavallo dell’ovulazione), giorni no e giorni ni, la normale tendenza femminile è a concentrarsi solo sui giorni si ma anche un rapporto in un giorno ni può iniziare in sordina per poi rivelarsi appagante quanto uno in un giorno si. Gli impegni e gli orari a cui siamo sottoposti non ci permettono di programmare alla perfezione i nostri incontri e questo potrebbe significare che o il giorno è buono ma non abbiamo l’opportunità o il giorno non è quello migliore ma abbiamo l’opportunità. Poichè per mantenere salda una buona relazione c’è bisogno di regolarità allora è il caso di non trascurare i giorni ni.

Cosa possono fare entrambi?

Leggere Marte e Venere in camera da letto di John Gray dove l’argomento viene affrontato in maniera approfondita.

Abbiamo visto il caso di gran lunga più comune dei rifiuti per cause indipendenti dalla volontà della donna ma poichè ogni donna sa benissimo che molti rifiuti spingono il partner (specie se innamorato) nelle braccia di un’altra dobbiamo analizzare anche il caso che questo venga fatto di proposito.

Se il rifiuto del sesso risponde ad una strategia inconscia, ovvero la donna inconsciamente si rifiuta allora è il caso di affrontare con calma e in maniera esplicita l’argomento magari rivolgendosi ad un consulente esperto di problemi di coppia per ricostruire il rapporto o essere aiutati a separarsi senza traumi e nel rispetto dell’altro e dei figli.

Molto interessante perchè in linea con l’argomento dell’articolo è il caso della donna con bassa autostima che ha maturato l’opinione di non meritare di essere felice ma di essere condannata, chissà per quale motivo, all’infelicità, (secondo me in questa tipologia di casi c’è qualcosa da cercare nell’infanzia). La normale tendenza alla felicità può farle trovare un uomo innamorato e adatto a lei ed avere un buon matrimonio o convivenza però prima o poi comincerà, (secondo me nei momenti di maggiore felicità e appagamento), a chiedersi: “Com’è possibile che io abbia una relazione felice se sono destinata all’infelicità?” inconsapevolmente inizierà a boicottare la relazione andando a provocare il partner sui suoi punti deboli esasperandolo, (in una relazione, specie se di lunga durata, si impara a conoscere le crepe anche di una persona solida come la roccia). Purtroppo questa è una delle attività in cui le donne riescono molto bene e quindi prima o poi riuscirà a mettere in crisi il partner e negando il sesso in maniera strategica lo porterà nelle braccia di un’altra. A questo punto prenderà atto che la sua “maledizione” non le darà mai scampo e che era veramente strano che quell’uomo abbia scelto lei e non le altre migliori di lei da cui alla fine è realmente andato.

In questa tipologia abbiamo sia la bassa autostima sia l’idea che il controllo della propria vita sia all’esterno e sia la profezia che si autoavvera ovvero la persona che crede vera una cosa opera affinchè quella cosa si avveri.

Come uscirne?

Si può provare a vedere le cose in maniera ottimistica ovvero come può essere condannata all’infelicità se ha trovato invece un buon marito o partner? Partendo dall’idea che la sua convinzione sia falsa può trovare la forza per alimentare la sua vera autostima e contrastare la sua tendenza al boicottaggio. Al Siebert dice:

“Siamo vissuti in un’epoca nella quale i professionisti della salute mentale hanno dato per assodato che chiunque abbia vissuto un’esperienza fortemente negativa debba uscirne emozionalmente traumatizzato. Solo recentemente alcuni terapeuti sono giunti a capire che circa l’80% delle persone che fanno esperienza di traumi emozionali possiede una resilienza tale da porli in grado di superare l’esperienza senza dover ricorrere a terapie o trattamenti”

Se non si riesce a dare questa svolta ottimistica alla propria esistenza allora io non riesco a vedere altra strada che cercare l’ aiuto di uno psicologo.

Il rifiuto può fare anche parte di una strategia messa in atto dalla donna coscientemente. In questo caso lei non vuole assumersi la responsabilità della fine della relazione e cerca di fare in modo che sia lui a rivolgersi ad un’altra, in questo caso bisogna ricordare che ognuno deve assumersi le sue responsabilità. Può essere anche stato l’avvocato a consigliare questa strategia, purtroppo le separazioni vanno affidate agli psicologi e non agli avvocati ma questo è un altro tema che spero qualche politico dotato di buon senso affronterà prima o poi.

Caso 2

A me piace frequentare i forum perchè si trovano molti spunti interessanti di riflessione e capita talvolta che qualcuno, (in genere le donne), mi contatti dopo aver letto un mio intervento o articolo per raccontarmi la sua storia e chiedere qualche consiglio pratico. Diverso tempo fa mi contattò una donna che si descrisse in questo modo: felicemente sposata con prole e che da alcuni anni tradiva il marito con un altro uomo. Aveva con l’amante degli incontri generalmente in pausa pranzo o più raramente nel pomeriggio e mi chiese perchè lui non si lasciasse coinvolgere maggiormente nella relazione in quanto a lei quegli incontri esclusivamente sessuali non la soddisfacevano.

Più che pensare al rapporto con l’amante a me è sembrato prioritario che lei cercasse di capire il rapporto col marito perchè o il suo matrimonio non era felice come credeva o non si spiegava il ruolo dell’amante. Senza andare per le lunghe, lei amava il marito con cui aveva un ottimo rapporto e mai avrebbe voluto sacrificare il suo matrimonio. Io le sconsigliai di continuare a tenere in piedi entrambe le relazioni perchè se è pur vero che le donne siano abilissime a mantenere nascoste le relazioni extraconiugali è altrettanto vero che, come dico sempre, tutto è prevedibile tranne l’imprevisto. Visto che mi aveva descritto il rapporto col marito in termini molto convincenti le ho consigliato alcuni libri per rivitalizzare l’aspetto sessuale della relazione matrimoniale senza dover ricorrere a terzi incomodi. Lei mi rispose che ero completamente fuori strada perchè se voleva del sesso appagante doveva andare dal marito in quanto l’amante da quel punto di vista lasciava a desiderare. Ecco come lei mi descrisse i rapporti con i due uomini:

“I rapporti con mio marito sono di molta complicità; lui riesce a farmi provare piacere, sa come prendermi e anche durante l’atto parliamo molto. Con l’altro è più freddo; lui nn parla se non per dire cose stupide. Mio marito non ha problemi di performance al contrario dell’altro”

Quindi l’unica cosa che lei ricavava da questa relazione clandestina era del sesso e per giunta di pessima qualità. Di fatto rischiava il lingotto d’oro che aveva a casa per un lingotto di piombo, un affare veramente in perdita. Perchè questa donna non riusciva a troncare una relazione inutile e pericolosa con un uomo che in fondo neppure stimava?

Un tradimento è in genere una risposta sbagliata a un problema personale o di coppia e spesso chi tradisce si rende conto che a casa aveva di meglio, anzi spesso si dà per scontato il partner e si sopravvalutano gli altri salvo ricredersi. Tornando al caso specifico la chiave dell’enigma, secondo me, era quel desiderio di contare di più per il suo amante, ovviamente non voleva assolutamente lasciare il marito ma voleva che l’amante le mostrasse un coinvolgimento emotivo che in realtà non aveva mai avuto.

Mentre per un uomo è il sesso la prova del coinvolgimento della partner per la donna non vale lo stesso principio ed ha bisogno di sentire legato a sè l’uomo con cui fa sesso. La spiegazione è molto semplice, fino a pochi decenni fa per una donna fare sesso implicava accettare il rischio di rimanere incinta e quindi lei sceglieva con cura gli uomini con un patrimonio genetico ritenuto compatibile. Poichè la gravidanza consuma moltissime risorse che andrebbero sprecate nel caso di un figlio malato o inadatto alla competizione della vita per un uomo fare sesso con una donna significa essere considerati validi. Al contrario ad una donna basta entrare in un bar per trovare qualcuno disponibile al sesso mentre è più difficile trovare qualcuno che le resti accanto.

Torniamo al racconto:

in ogni incontro lei sperava che l’amante si mostrasse coinvolto nel rapporto che però inevitabilmente si dimostrava arido e solo fisico andando a colpire la sua autostima. In pratica lei avrebbe potuto lasciarlo solo se lui si fosse buttato ai suoi piedi ma poichè non aveva nessuna intenzione di farlo era chiusa in un rapporto di dipendenza tipo quella con una sostanza dannosa alla salute quale è la droga.

Come si può uscire da una situazione simile? La mia opinione è che si debba fare come con la tossicodipendenza e quindi per prima cosa bisogna prendere atto che la sostanza fa male, nel caso specifico ho chiesto a lei di rileggere tutto quello che mi aveva scritto ogni volta che aveva dei dubbi. Di sostenere la propria interiorità con attività tipo lo yoga, la meditazione, il tai chi o altro mezzo e cercare in sè stessi il proprio valore piuttosto che all’esterno. Di stare lontana dalla sostanza (la relazione clandestina) e se lo ritenesse opportuno di rivolgersi ad un professionista. Quando l’ho contattata tempo fa per chiederle il permesso di citare per sommi capi la sua storia lei mi ha detto che da sei mesi non aveva rapporti con l’amante e che si sentiva finalmente più tranquilla.

In conclusione l’autostima è un’arma a doppio taglio, la vera autostima è qualcosa di essenziale che si sviluppa dentro di noi nel tempo ed è duratura. Al contrario una bassa autostima, una autostima ferita o il bisogno di conferme dall’esterno può far cadere in una trappola da cui è difficile fuggire e buttare alle ortiche, come visto negli esempi citati, relazioni importanti con partner che si amano.

Ettore Panella

Questo articolo ha un commento

  1. gizia

    che dire,la storia citata è sicuramente fuori dal comune….in fondo lei di quest’uomo nn apprezzava nulla,nè sesso e tantomeno coinvolgimento emotivo….forse si sentiva lei necessaria a lui?a volte credo che possa accadere di sentirci importanti x qualcuno e di nn poter uscire dal circolo vizioso che si crea…è lui che ha bisogno di noi …insomma facciamo la crocerossina dell’amore!!!!!!!!!!!!finche nn prendiamo coscienza e troviamo la forza…di farci lasciare!!!!!!!!!

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