Le donne chiedono, talvolta anche in modo aggressivo, al loro uomo di mostrare le sue emozioni ma quando questo avviene scoprono di esserne turbate e magari si pentono di averlo chiesto. Una ambivalenza, ben descritta dalla terapista Daphne Rose Kingma, che è meglio imparare a conoscere e gestire.
A leggere alcuni commenti e blog sembra che le donne considerino gli uomini dei bruti senza emozioni. Chiedono agli uomini di mostrare la loro sfera emotiva ma sono coscienti della loro ambivalenza?
Un aspetto del mondo femminile di cui avevo già conoscenza ma che il libro di Daphne Rose Kingma ( L’altra faccia degli uomini – i segreti della psicologia maschile messi a nudo da una donna) mi ha permesso di vedere anche con gli occhi femminili di una brillante terapista.
In sostanza le donne chiedono agli uomini di “collegarsi con la loro parte emotiva” per dirla come la terapista ma di fatto agiscono affinché il loro partner reciti la parte dell’uomo che “tiene su il mondo” e che non ha emotività. In realtà il problema è che quando le donne chiedono agli uomini di essere emotivi sembrano non considerare che della sfera emotiva non fa parte solo l’amore o la tenerezza ma anche l’angoscia, la paura, l’ansia, la disperazione, la frustrazione ecc. Non è possibile rompere una diga e poi stabilire quale goccia d’acqua può uscire e quale deve restare nell’invaso. Inconsciamente è come se gli uomini sapessero che le donne rimarrebbero scioccate o deluse se si aprissero.
La dottoressa Kingma al riguardo dice: “da una parte diciamo: voglio che tu sia sensibile, che mi mostri i tuoi sentimenti e le tue emozioni, che tu sia capace di piangere. D’altra parte diciamo: non ti aspettare che io ti consideri un vero uomo se fai una cosa del genere”.
Le donne di oggi desiderano da un uomo le stesse cose che desideravano le nostre antenate qualche migliaio di anni fa e tra queste c’è anche il senso di sicurezza, magari illusorio, che un uomo può dare quando fa da scudo alla famiglia.
Ogni donna apprezza la galanteria, ma cos’è la galanteria se non una ritualizzata dimostrazione di poter garantire sicurezza, fisica o economica, alla compagna?
Una donna si aspetta che il suo uomo potrà al massimo avere un cedimento per la morte di una persona cara ma che si ricomporrà subito e tornerà granitico.
“Perché anche noi contiamo sugli uomini perché vadano in guerra senza impazzire, (vedere i compagni morire in modo straziante e ,per eseguire gli ordini, fare cose che mai ci si sarebbe sognati di fare non è certo una passeggiata dal punto di vista psicologico), perché lavorino ogni giorno della vita senza vacillare, perché rinuncino alla custodia dei figli nel divorzio senza battere ciglio, e nel regno delle emozioni quotidiane reprimano qualsiasi emozione ci possa risultare sgradevole”.
In pratica per fare queste cose un uomo viene sottoposto ad un duro addestramento sin dalla nascita in cui genitori, conoscenti, istituzioni e persino la partner ricoprono, spesso inconsapevoli, il ruolo di sergenti istruttori.
Un esempio estremo ma tipico dell’uomo che sceglie di non condividere delle emozioni quali paura o angoscia o preoccupazione risparmiandole alla famiglia lo ho notato nella testimonianza della moglie di un operaio morto nel rogo della ThyssenKrupp che diceva più o meno: “non ci aveva mai detto in quali condizioni lavorava”
Sempre secondo la terapista, un altro motivo per cui le donne si sentono spiazzate di fronte all’emotività maschile è che ben raramente ne hanno avuto esperienza e non hanno la più pallida idea di cosa fare o dire mentre saprebbero benissimo come comportarsi con una amica nelle stesse condizioni.
Da sempre agli uomini è stato insegnato a comportarsi da uomini, ovvero a rinchiudere le emozioni dove non potessero mostrarsi ostentando sicurezza e indifferenza. Le emozioni sono un segnale di debolezza ed in un mondo altamente competitivo come quello maschile possono essere pericolose. Per esempio mostrarsi vulnerabili o spaventati convince gli avversari che è il momento giusto per agire. Se un male intenzionato vede una persona timorosa e un’altra che avanza con ostentata sicurezza certamente punterà alla prima perché anche i criminali vogliono ottenere il massimo risultato col minimo sforzo.
L’unica emozione che ad un uomo è concessa mostrare è la collera proprio perché è una emozione vincente.
“Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l’ira funesta “ recita l’Iliade. L’ira di Achille era la sua caratteristica e la sua forza in battaglia. Nello scontro finale la sua collera vince Ettore che invece cede alla paura e per questo è sconfitto.
A questo punto gli uomini che stanno leggendo questo articolo mi domanderanno: visto come stanno le cose per quale motivo dovremmo mostrare la nostra emotività alla nostra partner?
Innanzitutto perché una relazione è tanto più soddisfacente quanto meno si è costretti a recitare un copione e condividere la propria parte emotiva aumenta l’intimità della relazione.
E poi perché, come dice la terapista: “secondo una delle verità fondamentali della psicologia, quando un’emozione viene repressa invece che ritirarsi o dissolversi, diventa più potente e più forte”
In parole povere poiché la collera è l’unica emozione che un uomo può mostrare capiterà che faccia una sfuriata alla moglie per la camicia mal stirata, e magari non è neppure vero, invece di confidarle che vive una situazione difficile sul lavoro e che vorrebbe fare di tutto per evitare di andarci. Paradossalmente per la donna è più facile accettare una sfuriata che una simile dichiarazione di vulnerabilità perché se lui mostra collera e aggressività probabilmente tornerà vincitore mentre se si mostra debole potrebbe tornare sconfitto. Chissà! Forse Andromaca avrebbe preferito una sfuriata perché lo scudo era mal lucidato piuttosto che vedere il timore del marito per lo scontro che si sarebbe tenuto di lì a poco e quindi vivere l’angoscia della consapevolezza della sua prossima morte contro l’invulnerabile Achille che invece di mostrare dolore per la morte di Patroclo ostentava la sua collera.
E’ però proprio nel fatto che lui le avesse mostrato le sue vere emozioni che risiede la forza di quel legame che persino un racconto epico quale l’Iliade lascia trasparire. Tra l’altro va notato che Andromaca è angosciata per la futura morte del marito e non per la perdita dello status di futura regina di Troia.
Attualmente la collera non è più tanto in auge e se anche questa dovrà essere repressa cosa resterà se non il mutismo? Ecco una ragione in più per rompere la diga.
A questo punto cosa fare? La dottoressa Kingma mette in guardia le donne nel non affrontare con leggerezza la loro ambivalenza, di non credere che affrontare le emozioni maschili sia una passeggiata ma soprattutto che potrebbero scoprire in realtà di non volerlo veramente. Nonostante questo avviso però la terapista spinge le donne affinché:
“Quello che sto invitando ogni donna a fare, o almeno iniziare a fare è semplice: quando incontra un uomo che non è ancora capace di entrare in contatto con lei in uno scambio emotivo ampio, profondo e ricco come lei vorrebbe, non deve dedurre che si tratti di un bruto senza sentimenti. Dovremmo invece cominciare a chiedere – e a chiedergli molto dolcemente – di rispondere a quel genere di domande curiose e aperte che in se stesse costituiscono un riconoscimento del fatto che gli uomini non danno a vedere tutto ciò che vivono a livello emotivo”.
Anche la dottoressa è molto vaga su come dovrebbero comportarsi gli uomini e oltre ad un generico invito ad aprirsi non va. A questo punto io ripropongo la mia vecchia ricetta e che a maggior ragione adesso reputo valida. Io paragono il mondo delle emozioni maschili per una donna come ad una boccetta di veleno. Versare tutto il liquido nel suo piatto la ucciderebbe. Versando in minime dosi e nel tempo il contenuto della boccetta lei si immunizza. Fuori dalla metafora io consiglio di aprirsi lentamente privilegiando le emozioni che lei realmente vorrebbe vedere per poi proseguire anche con quelle che lei preferirebbe non vedere. Se lei farà degli inviti a comportarsi o a essere uomini vuol dire che ha risolto la sua ambivalenza verso il cavaliere senza paura che non deve scendere da cavallo. Il lato positivo sarà che smetterà di chiedere al suo uomo di mostrare la sua emotività. Se invece, sia pur turbata, e nel rispetto dei suoi tempi si mostrerà comprensiva e in qualche modo incoraggerà questo processo allora si potrà proseguire perché sarà disponibile a risolvere la sua ambivalenza verso una relazione più vera.
In questo processo di scoperta delle emozioni maschili bisogna anche ricordare che gli uomini tendono a usare le azioni per esprimere sentimenti o emozioni, per esempio ti porto i fiori o ti accompagno a fare quel noiosissimo shopping quindi ti amo, ti desidero quindi sei bella ecc. E’ questa una differenza sostanziale tra uomo e donna che bisogna tener presente perché è come se i due sessi parlassero lingue diverse, una basata sulle azioni e l’altra basata sulle parole. A questo riguardo la dottoressa Kingma da , nel suo libro, alle donne dei suggerimenti secondo me molto efficaci.
AVVERTENZE
Spero di essere riuscito a distinguere le mie opinioni e considerazioni da quelle della dottoressa Kingma, (cosa difficile visto che, su questo argomento, in larghissima parte coincidono). Purtroppo la necessità della sintesi ha certamente fatto perdere un parte della ricchezza della sua esperienza come terapista e certamente gli stralci del testo che ho riportato non le rendono giustizia.
Se, da quanto detto, desiderate leggere il suo libro, cosa che comunque consiglio, dovete tener presente alcune cose importanti:
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al contrario dei ricercatori che costruiscono un campione rappresentativo di popolazione per poi analizzarlo, i terapisti tendono ad avere come riferimento la propria clientela e quindi pur essendo molto bravi e capaci nel risalire alle esperienze generali tendono comunque ad avere una visione un pochino estremizzata. Per capirci, tra i diversi esempi di donne che si confrontano con la propria ambivalenza cita una signora che dopo aver costretto il marito ad andare dal terapista per entrare in contatto con la sua emotività rimase letteralmente sconvolta nel vederlo piangere, (tra l’altro un segnale molto positivo perché indica che il terapista aveva rotto la diga). Scappò e quel giorno stesso decise di divorziare. Ovviamente questo tipo di donna lo si incontra giusto dallo psicoterapeuta, la grande maggioranza delle donne non sono così estreme;
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il libro è stato scritto per le donne e spiega loro come sono fatti gli uomini, nonostante questo io lo reputo una lettura interessante anche per gli uomini, non a caso ho trovato in questo testo la migliore descrizione dell’ambivalenza femminile sia pur analizzata solo in relazione al rapporto delle donne con gli uomini. Il metodo che La dottoressa Kingma suggerisce alle donne per portare alla luce l’emotività maschile è, secondo me, efficace e tuttosommato semplice.
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Il libro è dell’inizio degli anni 90 anche se è ancora in commercio e risente della mancanza di tutte le scoperte nelle neuroscienze avvenute nel nuovo millennio. Manca ogni citazione agli ormoni, all’evoluzione, ai sorprendenti dati ottenuti grazie alla risonanza magnetica e si attribuisce un ruolo eccessivo e totalizzante alla società. Nonostante questo è un buon testo che però, secondo me, sarebbe preferibile integrare con le opere recenti degli psicologi evoluzionisti. Gli anni ’90 rappresentano un periodo ponte tra i conflitti tra i sessi degli anni ’70 con relativa ideologia e l’ approccio innovativo del nuovo millennio tipico degli psicologi evoluzionisti. Il testo della Kingma guarda agli anni ’70 quando esaspera il ruolo della società e inizia ad allontanarsene quando cerca di spingere verso l’armonia tra i sessi pur conservando un approccio del tipo “noi donne ci siamo evolute ora aiutiamo gli uomini a farlo”, un approccio molto diverso per esempio da Barbara Pease che nel suo ultimo testo scritto insieme al marito nel 2009 utilizza un approccio del tipo: “le donne non sono nè migliori nè peggiori degli uomini, sono solo diverse”.
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l’uomo che piange ormai è sdoganato..scondo me non si deve aver paura di mostrare fragilità e neanche forza quando è necessario..ci sono tanti tipi di forza e tanti tipi di fragilità. E c’è differenza tra essere sensibili ed essere piagnoni
Buongiorno, mi complimento per le sue analisi. Ho riscontrato questa ambivalenza in molte donne (amiche, colleghe, conoscenti). Mio padre ha sempre tenuto chiusi i suoi sentimenti, le sue paure, che sono emerse solo invecchiando. Eppure io questa ambivalenza non l’ho mai avuta: ho sempre ritenuto davvero forte chi sa mostrare le proprie debolezze. Ovviamente non parlo dei piagnoni in cerca di crocerossine, psicologhe o mammine, ma di quegli uomini che, con pudore e dignità, sanno aprire il loro cuore a poche persone fidate, che li capiscono senza giudicarli né trattarli come bambini da consolare.
Secondo Lei, nel mio atteggiamento “controcorrente” (ma non credo di essere l’unica, per fortuna) quanto peso ha l’educazione e quanto il carattere?
Sono una trentenne, ma già da piccola avevo una sensibilità del tutto estranea all’ambivalenza che Lei descrive molto bene.
Grazie, cordialmente,
Gabriella
Innanzitutto Gabriella ti ringrazio per i complienti ma andrebbero indirizzati alla dottoressa Kingma 🙂 .
Impossibile rispondere alla tua domanda, solo le persone che ti stanno attorno e ti conoscono bene o un professionista che ti avesse avuto in osservazione potrebbe dirti se ne sei veramente immune e per quale motivo lo sei.
L’educazione è possibile anche se non mi convince visto che in effetti dici che tuo padre non mostrava le sue emozioni. Potrebbe dipendere dal tuo carattere e/o dai tuoi bisogni di coppia di cui non hai consapevolezza. In fondo quando cerchiamo una persona con cui condividere un pezzo di vita perseguiamo sia obiettivi consapevoli (fare e crescere figli ad esempio) sia obiettivi inconsapevoli (crescita emotiva per esempio), magari un rapporto di coppia basato anche sulla consapevolezza delle debolezze dell’altro risponde alle tue esigenze.
Buongiorno,
L’articolo è molto interessante ma se io da uomo lo leggo vedo comunque un’impostazione dal “come intervenire sul problema” rigorosamente incentrata sul punto di vista femminile.
E se invece un uomo volesse avere maggior dimestichezza con qualcosa che gli è stato “vietato di gestire” da tempo immemore se non attraverso attacchi di collera dannosi per tutti, ed imparare da sé a gestire in maniera equilibrata il carico emotivo che una qualsiasi relazione inevitabilmente comporta, senza dover affidare per forza la soluzione al classico meccanismo da crocerossina che vuole la donna nel compito di dipanare qualcosa che “tanto l’uomo non può capire perché ne è preda e basta”… che cosa dovrebbe fare?
Marco, hai ragione! L’articolo si basa molto sul lavoro della dottoressa Kingma che ha scritto proprio un libro per spiegare gli uomini alle donne e quindi il suo interesse era spiegare alle donne come aiutare il loro uomo, (che fa resistenza), a riappropriarsi del suo lato emotivo.
Nel caso di un uomo consapevole e desideroso di riappropriarsi del proprio mondo emotivo ovviamente gran parte del lavoro è già svolto per cui l’apporto della donna non è necessario anche se può sempre essere utile.
Innanzitutto non devi limitarti al rapporto amoroso, anche perchè è troppo semplice, ma allargare a tutti i rapporti. Io ad esempio ho cominciato con mio padre ormai anziano, me lo abbraccio e bacio ogni volta che capita anche se la cosa lo imbarazza e il rapporto padre figlio “deve essere” senza smancerie.
Fa però attenzione, quando si parla di mondo emotivo si intende tutte le emozioni e non solo quelle che fanno comodo quindi anche la paura, il senso di inadeguatezza ecc. Quì le cose si fanno complicate perchè tutti si aspettano che sia l’uomo a tenere un atteggiamento saldo e sprezzante del pericolo, come ha notato la dottoressa Kingma questo può anche mettere in crisi un matrimonio. Secondo me vale la pena liberarsi di tutti i legacci alle proprie emozioni anche se va fatto con saggezza e non sempre è possibile farlo fino in fondo onde non destabilizzare troppo i familiari.
Le donne sono mosse dall’ansia e dalla loro umoralità. Lo vedo ogni giorno. In ospedale molto spesso si fanno vicine ai pazienti di cui percepiscono la sofferenza per poi però chiedergli con modalità indirette di essere da loro tranquillizzate davanti ad un dolore di cui non sanno reggere la vista. La domanda di apertura dei propri sentimenti è solo una domanda di controllo al fine di abbassare i propri livelli di ansia. Proprio come tutte le altre forme di controllo che esercitano dentro casa. L’espressione di esigenze altre rimane inascoltata o è percepita da loro come una minaccia perchè non funzionale al proprio appagamento emotivo. Come quando si chiede alle donne di non ripetere un atteggiamento percepito come soffocante o causante sofferenza e viene sistematicamente ribadito. I figli spesso sono le prime vittime di questa bulumia emotiva ancor di più se diventa fuori controllo e quindi maggiormente distruttiva. In più nella nostra società è stata imposta l’idea che la violenza sia una prerogativa del maschio escludendo la possibilità di leggerla in quanto sistema di comunicazione di cui la donna fa parte con le sue modalità.
in una parola: la donna vuole uno schiavo
Innanzitutto complimenti per un articolo scritto con onestà intellettuale, che non ha paura del non essere politically correct, che nel secolo scorso era il sessismo che discriminava le donne e oggi il sessismo che discrimina gli uomini. Non pretendo di parlare in generale, ma solo della mia esperienza:
Quasi tutte le donne che ho conosciuto, hanno emozioni molto meno profonde di quelle maschili, ma appaiono più profonde semplicemente perché più esibite. Le donne che ho conosciuto (e non parlo solo di partner, ma anche di amiche, parenti, conoscenti, cassiere, commesse, etc…) non cercano emozioni profonde , ma solo persone che le sopportino stoicamente ; delle emozioni dell’altra persona poco gliene importa , e infatti non sopportano le emozioni maschili ma adorano parlare di stupidaggini con le altre donne, mostrandosi sempre molto coinvolte se una amica ha criticato loro il rossetto o se il loro partner una volta su cento non ha eseguito perfettamente i loro ordini.
Gli uomini invece hanno emozioni profonde ma sono stati allenati a non mostrarle, e questo proprio perché sono profonde! E sanno prendersi carico delle emozioni altrui senza fare troppe scene, ma risolvendo i problemi delle donne o anche solo standole ad ascoltare.
Gli uomini dovrebbero iniziare a prendere consapevolezza delle proprie emozioni, ma non scimmiottando i modi delle donne, ma prendendo coscienza del loro essere uomini interi ma diversi dalle donne.
Uomo…ciò che affermi coincide esattamente colla mia personale esperienza.
Ed ho la netta sensazione che, oltre me e te…ve ne siano molti altri.
Ma gli uomini spesso, spessissimo, non parlano di essi.
C’è chi lo fa per loro.
E quasi mai in modo troppo lusinghiero…