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I falsi ricordi rappresentano una sfida veramente difficile da affrontare. A stupire non e’  la loro esistenza ma la facilita’ con cui possono essere creati.

 

 

 E ‘ il 1994 e il tema dei falsi ricordi sale prepotentemente all’attenzione della pubblica opinione grazie al processo che vede  Holly Ramona opposta al padre.   Durante una seduta di psicoterapia la donna afferma di aver subito abusi sessuali da parte del genitore. La visita ginecologica non dimostra la violenza e la giuria giudica innocente il padre della ragazza che riceverà un risarcimento di 500.000 dollari.  L’uomo dopo aver perso il lavoro e la famiglia fa causa alla psicoterapeuta accusandola di aver inserito i falsi ricordi nella mente della ragazza.

La vicenda mette all’ordine del giorno la necessità di uscire da un periodo di “far west” dove si usava addirittura l’ipnosi per cercare e  tentare di recuperare quelli che Freud considerava ricordi rimossi ovvero tracce di eventi traumatici di cui si perde la consapevolezza perchè troppo dolorosi ma che sono comunque  incisi profondamente nella mente.  Purtroppo la mente umana non opera affatto come una macchina fotografica e di fatto ogni evento viene scomposto e memorizzato nelle sue informazioni essenziali o ritenute tali. Il meccanismo è sicuramente efficace nell’ottica di ottimizzare l’impiego di risorse cerebrali ma forma ricordi lacunosi o addirittura può creare ricordi di eventi mai avvenuti.

Per la verità i ricercatori avevano già avviato studi sulla possibilità di creare falsi ricordi nella mente delle persone già prima del 1994. Negli anni settanta Elizabeth Loftus e il suo gruppo riuscì a far credere alla grande maggioranza di  un gruppo di volontari a cui aveva mostrato delle diapositive di un incidente di aver visto un cartello stradale diverso da quello realmente presente sulla scena. Inutile dire che la presenza di un cartello stradale al posto di un altro può radicalmente cambiare le responsabilità di un incidente.

Gli esperimenti successivi confermarono la presenza dello stesso fenomeno. In ogni prova i ricercatori riuscivano agevolmente a convincere i volontari di aver visto un oggetto o un personaggio diverso da quello presente sulla scena.

I dati inoppugnabili spinsero i ricercatori  a porsi una domanda angosciante: se è possibile indurre una persona a credere di aver visto cose che non aveva mai visto era possibile fargli credere di aver vissuto eventi in realtà mai avvenuti?
Kimberly Wade e il suo gruppo riuscì a far credere a circa la metà delle persone che aderirono al loro esperimento di aver vissuto durante l’infanzia un viaggio su un pallone aereostatico (evento mai avvenuto).  Addirittura una persona che giustamente all’inizio dell’esperimento dichiarò di non aver mai viaggiato su un pallone aereostatico arrivò a fine esperimento a raccontare il suo volo in mongolfiera con una certa dovizia di particolari.

In un esperimento successivo riuscirono a farsi raccontare da un altro gruppo di volontari di aver incontrato Bugs Bunny in un parco Disneyland, cosa assolutamente impossibile perchè il simpatico coniglio non è un personaggio Disney.

I ricercatori fecero un salto di qualità quando decisero di passare agli eventi traumatici.  Selezionarono con cura i partecipanti all’ esperimento chiedendo ai loro genitori se si fossero mai persi in un centro commerciale, un evento molto traumatico che in un bambino lascia segni significativi.  Il campione fu composto esclusivamente da coloro che non si erano mai persi in un centro commerciale. Anche in questo caso buona parte dei volontari  a fine esperimento forniva un resoconto particolareggiato di un evento  mai avvenuto.  Ulteriori esperimenti confermarono questi risultati inducendo gran parte di chi partecipava  a credere di aver vissuto esperienze traumatiche.

Richard Wiseman, uno dei miei psicologi sperimentali preferiti, dice testualmente nel suo Quirkology – la strana scienza della vita quotidiana

I risultati rivelano che la nostra memoria è molto più malleabile di quanto siamo disposti ad ammettere. Quando una figura d’autorità afferma che abbiamo vissuto un avvenimento, la maggior parte di noi trova difficile negarlo e inizia a riempire le lacune mediante l’immaginazione. Dopo un po’ diventa quasi impossibile distinguere la realtà dalla fantasia, e cominciamo a credere alla menzogna . L’effetto è così potente che talvolta non è nemmeno necessaria la voce dell’autorità per ingannarci. A volte siamo perfettamente capaci di prenderci in giro da soli.

 

Grazie a questi studi  oggi sappiamo che gli  interrogatori di polizia, o comunque di una persona dotata di autorità, non possono essere lasciati al caso. Porre delle domande nella maniera sbagliata può creare ricordi di eventi o di particolari mai esistiti e purtroppo al momento si ritiene che non vi sia modo di distinguere i veri ricordi dai falsi. L’interrogatorio di un testimone è un momento critico perchè lo si può “bruciare” facilmente e per questo non va affidato a personale inesperto o peggio in malafede. 

Ettore Panella

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