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Un mosaico, un affresco ed una statuetta romane ritraggono un ananas, frutto estraneo al mondo allora conosciuto e appartenente al continente americano. Impossibile spiegare la cosa se non con l’esistenza di rotte commerciali tra l’impero romano e le Antille. Proviamo ad analizzare i fatti e ad azzardare qualche ipotesi.

Come spesso mi accade una lettura o un filmato  apre all’improvviso delle curiosità che mi spingono ad approfondire ed è per questo motivo che la puntata

https://www.dailymotion.com/video/x7sv9qf

del programma “il tempo e la storia” con ospite lo storico Alessandro Barbero, (consiglio di visionare il filmato che ho linkato), ha sollecitato la mia curiosità storica.

 I romani conoscevano il continente americano?

Gli indizi da cui partire sono:

  • un mosaico dell’epoca augustea mostra una natura morta con un ananas;
  • un affresco trovato nella casa dell’efebo a Pompei mostra un ananas;
  • una statuetta romana, conservata a Ginevra, rappresenta un bambino che tiene per il ciuffo un ananas.

Impossibile parlare di coincidenze, è evidente che almeno nel primo secolo a.C. l’ananas venisse servito  durante i banchetti dei ricchi.  La statuetta è del III secolo d.C. e quindi si può ipotizzare addirittura che le tratte commerciali avessero coperto almeno il periodo che va dal I al III secolo d.C.

Il professor Lucio Russo fornisce possibili prove matematiche delle navigazioni dei fenici e/o dei Greci fino alle Antille (vedi nota 1),   in pratica sostiene che le mitiche isole felici non siano le Canarie come sempre creduto ma le Antille.   L’ipotesi più probabile è che una nave fenicia o cartaginese, portata fuori rotta da una tempesta, riesca a raggiungere quelle isole, a rifornirsi , (magari stabilendo anche un contatto pacifico con i nativi Taino), e poi  sia riuscita a tornare.

Il professore fa due ipotesi interessanti su cui riflettere:  le civiltà precolombiane si sono sviluppate anche grazie all’apporto della cultura mediterranea ma a questo punto romana visto che erano verosimilmente i sudditi di Roma a gestire queste rotte commerciali visti gli ananas; le rotte verso le americhe sono state dimenticate in seguito alla distruzione di Cartagine da parte delle legioni di Scipione l’Emiliano.

La seconda ipotesi non credo abbia fondamento, sia perchè il tracollo culturale del mondo fenicio/cartaginese non ci fu , come sostiene nella trasmissione il prof. Barbero, sia perchè non si spiegherebbero gli ananas a Roma in un periodo successivo.

Ma perchè dover scomodare un simile scenario per giustificare l’errore di Tolomeo? In fondo persino Leonardo da Vinci qualche errore lo ha fatto quindi perchè Tolomeo avrebbe dovuto esserne immune e in ogni caso nella sua opera ha fatto anche altri errori mica da ridere, (come compiutamente illustra il prof. Russo), tutti originati dall’errore originario di aver considerato l’estremo occidentale allora  conosciuto costituito dalle isole felici non nelle Antille ma nelle Canarie.  Non è più logico pensare che il suo informatore non avesse notizie di prima mano? Magari partito alla volta delle Antille si sia fermato alle canarie, (felice per essersi risparmiato un viaggo molto disagevole) , riportando dati errati?

La prima ipotesi la affronteremo dopo.

Perchè i romani non hanno creato delle proprie colonie o empori commerciali in America?

In realtà neppure i Vichinghi che scoprirono l’america nel X secolo d.C. riuscirono a creare colonie permanenti al contrario di quanto fecero gli spagnoli.

Analizziamo alcuni elementi critici:

  1. strumenti e tecniche di navigazione migliori;
  2. spinta ideologica alla conversione dei nativi;
  3. bisogno di nuove rotte commerciali verso le indie;
  4. ricerca di risorse economiche.

1.

Non sono esperto di tecniche di navigazione ma sicuramente gli spagnoli disponevano almeno della bussola quindi uno strumento tecnico aggiuntivo di chiara utilità .  In effetti una colonia ha bisogno di rifornimenti e di contatti costanti con la madre patria specie nel caso di società complesse ormai abituate a tecnologie e strumenti evoluti difficilmente realizzabili in territori sperduti.  Per capirci andare a fare una vacanza di un mese su un’isoletta tropicale riforniti di tutti i comfort del nostro mondo è una cosa, andarci a stare da naufraghi è tutta un’altra storia.
Molto probabilmente è questo il motivo per cui le colonie vichinghe non attecchirono al contrario di quella in Groenlandia, sicuramente più svantaggiosa dal punto di vista ambientale ma molto più vicina alle tratte commerciali usuali e quindi più facilmente rifornibile di beni e utensili.

2.

la conversione dei nativi è stata una delle molle che hanno sostenuto la colonizzazione delle americhe e ha dato agli spagnoli un motivo ulteriore per non mollare ma questo aspetto era sicuramente assente presso romani e vichinghi.

3.

Con la caduta di Costantinopoli e l’espansione turca l’Europa cristiana sente il bisogno di raggiungere le ricche “Indie” direttamente senza arricchire il nemico che aveva conquistato il monopolio dei traffici con l’Oriente ma soprattutto sente il bisogno di pagare meno la merce pregiata da rivendere.  Gli spagnoli ci hanno messo del tempo per capire di non essere giunti in India e questo ha dato un ulteriore motivo per radicarsi sul territorio e creare teste di ponte in quelle che ritenevano lembi periferici della ricca Cina descritta da Marco Polo.  I romani del periodo d’oro dell’impero non avevano certo questa preoccupazione.

4.

Questo è il punto in comune tra romani, vichinghi e spagnoli, mettere le mani su nuove risorse economiche.  Va detto che mentre romani e vichinghi non sapevano cosa aspettarsi dai nuovi territori  gli spagnoli, al contrario, avevano il miraggio delle famose ricchezze descritte da Marco Polo quindi i primi valutavano la consistenza economica di ciò che trovavano mentre i secondi inseguivano una radicata convinzione senza basarsi su ciò che realmente vedevano.  Le grandi civiltà precolombiane dei Maya e degli Atzechi non avevano ancora sviluppato tutte le loro potenzialità al tempo dei romani e quindi le uniche merci disponibili e di un qualche valore erano i prodotti agricoli di ben difficile trasporto e conservazione.
Gli armatori romani dovevano ben soppesare le spese delle spedizioni comprensive anche del rischio di perdita delle navi ,(era comunque una rotta impegnativa se non pericolosa), e di certo non inseguivano mire scientifiche.
Noi sappiamo che l’industria del lusso nei primi secoli dopo Cristo era sempre alla ricerca di merci esclusive per le cene dei ricchi romani impegnati in una gara a mostrare opulenza e potere e questo rende plausibile la fornitura di frutta esotica da esibire a costi sproporzionati ma al contempo pone un limite invalicabile, se il prodotto è troppo inflazionato perde valore e quindi l’intero costo della spedizione va in passivo. in pratica creare rotte commerciali stabili avrebbe reso le stesse svantaggiose.

Perchè si è perso il ricordo di quelle rotte commerciali?

Dopo il III secolo d.C.  (periodo della statuetta citata) l’impero entra in una fase di decadenza, la vecchia opulenza è solo un ricordo e progressivamente l’industria del lusso entra in recessione fino alla perdita della Spagna e dell’Africa da parte dell’impero, quando il Mar Mediterraneo diventa molto insicuro a causa dei pirati vandali e diventa sempre più rischioso giungere a Gibilterra.  Con la caduta finale dell’impero c’è un progressivo impoverimento materiale e di conseguenza anche culturale che genera una perdita di moltissime informazioni e libri veramente importanti  e non è quindi strano pensare che delle rotte commerciali di scarso valore economico siano state dimenticate..

Veniamo all’altro punto critico espresso dal prof Russo: i fenici, ma a questo punto meglio pensare ai romani, innescarono il processo di sviluppo delle civiltà centroamericane?

Un dato importante di cui tener conto è che gli spagnoli giunti nel nuovo mondo erano avventurieri senza scrupoli mentre i romani (o loro sudditi) che giungevano nei caraibi erano mercanti che per loro natura puntano a creare buoni rapporti con le popolazioni avvicinate per poter sviluppare vantaggiosi commerci.  Uno dei fattori che hanno agevolato gli spagnoli fu infatti l’accoglienza come dei da parte dei Taino e si avvantaggiarono della credenza degli Atzechi secondo cui il dio Quetzalcoatl sarebbe arrivato ciclicamente dal mare ad est e avrebbe avuto il corpo di un uomo bianco con la barba.

Generalmente non sono un “complottista” e non voglio fare l’Adam Cadmon della situazione però è il caso di dire: Coincidenze? Non credo.

Quindi degli uomini bianchi con barba venuti dall’oceano Atlantico hanno instaurato buoni rapporti con i nativi e il ricordo di tali incontri è stato tramandato in forma mitizzata alle generazioni successive.

Se, come parrebbe logico i romani giunsero alle Antille allora incontrarono i Taino per primi e verosimilmente esplorarono il Golfo del Messico. Le uniche civiltà interessanti sulla costa atlantica nel periodo compreso tra il I e il III secolo sono quindi i maya perchè gli olmechi scomparvero nel 300 a.C. e i totonachi si svilupparono dopo il 500 d. C.

Il periodo classico, (quello a cui dobbiamo le meravigliose costruzioni a cui siamo abituati)  dei Maya  va dal 317 d.C.  al 987 d.C. però nel periodo preclassico (a partire dal 400 a.C.) erano già una civiltà dinamica.

Quindi buoni rapporti e uno sviluppo notevole a partire dalla fine del III secolo sarebbero un indizio a favore di una contaminazione culturale, però restano diversi dubbi, innanzitutto perchè i Taino, (i primi a venire in contatto con i mercanti),  non ebbero significativi benefici mentre i Maya , (necessariamente i secondi ad essere contattati, ammesso che furono contattati), si?
La prima cosa che i romani facevano quando occupavano un territorio era costruire strade, perchè non ci sono strade costruite alla romana? Perchè non c’erano grandi animali da soma in loco può essere la risposta ma i romani trasportavano tranquillamente bestie feroci dall’Africa a Roma non potevano trasportare qualche cavallo nelle Antille o in Centro America?
L’uso dei metalli era molto sviluppato presso i romani ma non c’è un paragonabile uso presso i Maya. Le tecniche di costruzione sono diverse.  Certo, erano dei mercanti e dei marinai a giungere in loco e non degli architetti ma allora perché non si vedono tecniche di navigazione simili? Il prof. Russo parla della scrittura, vedendo un occidentale scrivere i nativi potrebbero aver voluto emularlo creando una loro scrittura. Mah! Messa così è difficile entrare nel merito.

Probabilmente i mercanti romani ebbero rapporti superficiali e sporadici con i nativi e forse sfruttarono il timore reverenziale con cui venivano accolti presentandosi come esseri superiori per cui verosimilmente la massima influenza realizzata è stata relativa alla sola mitologia e religione.

 Tutto chiaro?

Non proprio!  personalmente ad una domanda non sono in grado di trovare una risposta: in fondo gli ananas sono una merce deperibile anche se è vero che hanno una discreta resistenza prima di marcire. Possibile che riescano a conservarsi per tutto il tempo del trasporto dalle Antille a Roma? Saranno almeno 2 mesi di navigazione.

Ettore Panella

nota1:

Conferenza di Lucio Russo
https://www.youtube.com/watch?v=fAVrD7_Qcvw

Nelle mie ricerche su internet ho trovato anche questa interessante conferenza
https://www.youtube.com/watch?v=FgF-c36CX2c

Articoli che possono interessarti

La discussione nata su FB relativamente a questo articolo ha fornito una serie di spunti interessanti che voglio comunque riportare

  Non si tratta di ananas ma di silfio. A lato una foto di una moneta di Cirene che lo rappresenta. Non mi sembra proprio la stessa cosa. Il silfio è una pianta estinta ai tempi di Nerone che secondo i botanici doveva essere simile ad un grosso finocchio selvatico e comunque veniva usato come spezia a Roma, non mi risulta venisse consumato come frutto.
 Si tratta di una pigna e non di un ananas
Secondo me non somiglia ad una pigna e comunque quello che fa la differenza è il ciuffo, le pigne hanno foglie aghiformi e non il caratteristico ciuffo rappresentato
 L’affresco della casa dell’efebo è inaffidabile

Questa obiezione è sensata. La foto a lato mostra le condizioni dell’affresco al ritrovamento quindi l’ananas potrebbe essere un errore del restauratore.
Poichè non possiamo escludere che il restauro sia stato eseguito da uno “scarparo” e non da un profesionista io accetto l’obiezione e metto un punto interrogativo all’indizio casa dell’efebo e quindi da tre indizi certi passo a due e mezzo.

 Non è un ananas ma è una anona

A me non sembra assomigliare neanche un po’ al frutto rappresentato nel mosaico e comunque questa pianta è originaria del Sud America quindi per i nostri scopi poco importa, qualcuno ha comunque dovuto prenderla dal posto d’origine e portarla nell’area dell’impero

 Nell’articolo io ho volutamente escluso tutti gli indizi non verificabili o dubbi, in pratica i tre indizi citati sono visibili a tutti e si sa dove sono situati e quindi ho escluso cose come un fantomatico ritrovamento di una nave romana e di monete romane sul suolo Americano o una raffigurazione su una chiesa italiana del medioevo di vegetali che ricorderebbero il mais perchè secondo alcuni rappresenterebbero grappoli d’uva (ad essere onesto a me sembra più un cavolfiore che uva)

Questo articolo ha 7 commenti

  1. Luca

    Eh, sì, l’ananas è probabilmente una interpolazione. Anche perché quella è una offerta ad Agatodemone, quindi quella ci si aspetta essere una pigna. E il resto, corrisponde.
    Aggiungo che non doveva essere necessariamente un cretino: pensi che Umberto Eco, nella I edizione de Il Nome della Rosa, parla (più volte) di peperoni nelle ricette…

    L’anona è stata re-importata dalle Americhe, ma NON era estinta nel mondo antico.
    Ancora oggi nel cono d’Africa la tradizione orale lo ricorda (è proprio per questa segnalazione che ho cercato e trovato lo studio)
    Recenti ritrovamenti archeologici (semi di anona in focolari) dell’Università di Cambridge lo provano.
    Che poi questo provi che “nel neolitico andavano avanti e indietro dall’America via Pacifico” o che semplicemente l’Anona c’era, non mi riguarda molto.
    Quella è una anona, se non è una pigna con dietro un ciuffo di aghi.

  2. paolo rospo

    INVECE A ME
    ora pensionato
    statistico (ISTAT) ed archeologo (SAR)
    riguarda molto
    L’ARGOMENTO
    a) – ananas mesoamericani nel mosaico
    microlitico
    policromo
    romano ;
    b) – tracce di tabacco E di
    droga mesoamericane nelle bendature delle mummie egizie.
    c) – INQUANTO
    ALLE “pigne” NON HA SOVERCHIA IMPORTANZA
    dove LE ABBIA
    CHI PROPUGNA DI
    AVERLE NELLA PROPRIA MENTE.

  3. paolo rospo

    IL COMMENTO
    DA ME TESTE’
    RILASCIATO NON COMMENTA IN ALCUN MODO OFFENSIVO
    NESSUN LIBERO PENSATORE,
    INFATTI TUTTI
    E QUATTRO GLI ELEMENTI
    NATURALI DA
    ME CITATI (ananas – droga – tabacco –
    pigna) SONO
    GLI STESSI
    CITATI NELLO
    ARTICOLO DA
    GOOGLE GENTILMENTE OFFERTO IN
    VISIONE. NULLA DI DISTURBANTE
    O NASCOSTO
    RIFERIMENTO
    E’ STATO DA ME USATO IN
    MANIERA EQUIVOCA OD
    IMPROPRIA,
    dacche’ non
    sarebbe d’altronde stato nelle mie
    intenzioni, tutte esclusivamente professionalmente scentifiche.
    Ossequi,
    Dt.paolorospo

  4. paolo rospo

    Con cio’ ritengo di aver
    chiarito la mia
    trasparente intenzione discorsiva E
    QUALORA IN CIO’ NON FOSSI RIUSCITO, CHIEDO APRIORISTICAMENTE VENIA.
    Distinti saluti.

    1. admin

      Scusa Paolo, ma purtroppo ho moltissimi impegni e riesco a controllare i commenti in attesa con un certo ritardo, ti chiedo scusa.

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