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Il matrimonio riparatore
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Sul matrimonio riparatore in italia si è detto di tutto e alcuni sono addirittura convinti che una ragazza violentata fosse obbligata dalla legge a sposare il proprio violentatore, una cosa ovviamente assurda.  In questo articolo cerchiamo di riportare la prassi in esame nella sua corretta dimensione storica.

 Quando nasce il matrimonio riparatore e di cosa si tratta

Introduzione

In passato e fino a tempi abbastanza recenti il matrimonio veniva  organizzato dalle famiglie o il più delle volte autorizzato dalle famiglie che avevano potere di veto.  Il fattore di correzione a questo eccessivo potere era costituito dalla cosiddetta fuga d’amore con cui la ragazza innamorata forzava la mano alla propria famiglia.  Il trucco è semplice, il ragazzo che aveva intenzione di chiedere la mano di una ragazza ai genitori di lei si sottoponeva ad un “esame” in cui le sue caratteristiche e proprietà venivano attentamente valutate.  Se dall’esame fosse risultato che il ragazzo avesse un valore diciamo  90, (è un esempio per far capire il meccanismo non si arrivava ad un livello così approfondito), e da una valutazione delle prospettive matrimoniali della ragazza queste fossero state valutate  100 allora i genitori di lei avrebbero rifiutato la richiesta.  Alla ragazza non sarebbero restate che due strade, o rassegnarsi o fuggire con l’amato. Poiché per una ragazza la verginità determinava molto del suo valore matrimoniale allora perdendola il suo valore da 100 sarebbe sceso diciamo a 50 mentre il valore del ragazzo non avrebbe subito variazioni e ai genitori di lei non sarebbe restato altro che accettare il fatto compiuto oppure far fare alla ragazza un matrimonio di serie B con un vedovo o il cosiddetto “scemo del villaggio” oppure mandarla in convento.

Il problema di questo fattore di correzione era che tutto il rischio gravava solo sulla ragazza in quanto la famiglia di lui avrebbe potuto comunque non dare il suo consenso, (in realtà anche la famiglia di lui si sarebbe sentita vincolata per una questione di onore ma non sarebbe stata obbligata perché il ragazzo non avrebbe perso valore matrimoniale), oppure semplicemente la ragazza era finita nelle mani di un seduttore.

Nel ‘500 nascono le leggi contro i seduttori di cui parleremo approfonditamente nel paragrafo sulla storia di questa tipologia di leggi che più o meno dicono:

chi con false promesse (di matrimonio) ottiene i favori (e capite cosa si  intende) di una ragazza vergine viene punito a meno che non accetti quello che veniva chiamato il matrimonio di onestà.
In pratica la hai illusa e ora la sposi.

In realtà la legge obbligava al matrimonio riparatore l’uomo non la donna ed era fatta per tutelare le prospettive matrimoniali di lei e soprattutto i figli che potevano nascere da quella unione.

 Il valore della verginità

Poiché la paternità non è certa la donna veniva accolta nella famiglia di lui dove sia la madre che le sorelle avevano l’interesse biologico a controllarla affinché non fosse infedele, non avrebbe avuto senso infatti  per una donna fare un figlio maschio se poi questo non avesse continuato la staffetta per trasmettere i suoi geni a causa di una moglie adultera, la stessa cosa vale per le sorelle che condividono metà del loro patrimonio genetico con il fratello.  Il sistema presentava un problema, la ragazza poteva arrivare già incinta ed è per questo che la verginità certificava l’assenza di gravidanze in corso, (va anche detto che la verginità oltretutto testimoniava l’assenza di malattie sessualmente trasmissibili). Come normalmente avviene, una dote molto richiesta comincia ad acquisire significati morali e godere di una certa mitologia.

Storia del matrimonio riparatore

Il matrimonio tra la fine dell’impero romano e il concilio di Trento poteva essere di due tipi, o quello a cui siamo abituati che si svolgeva in pubblico con la pronunzia della formula di rito o quello informale dove era la semplice consumazione (il rapporto sessuale) a impegnare gli sposi

“Da lui, (il ragazzo), si pretende allora l’impegno d’onore che prenderà lei come  sponsa facendole formale promessa: la quale assume il valore giuridico degli “sponsali” anche in questa forma privata e vincola i promessi anche senza i testimoni proprio a tutela di lei nel caso resti incinta. E’ quì che la “pubblica voce e fama” svolge un ruolo fondamentale: non solo le famiglie delle nubili “promesse” ma tutta la comunità, che sorvegli gli amori tra i giovani, condivide un’etica della responsabilità maschile, che determina la responsabilità civile e penale dello sponsus in caso di gravidanza e figli: gli impone di tener fede alla promessa e di formalizzare il “matrimonio già consumato”, facendogli carico di legittimare e mantenere la discendenza. Gli sponsali privati di questo tipo sono nell’etica consuetudinaria e statutaria , matrimonio rato e consumato, perché qualsiasi ipotesi in contrario mancherebbe di tutelare sia l’onore sia il futuro della sponsa, sia e soprattutto la sua prole” (nota 1)

Esiste in realtà un contrasto tra le norme del diritto canonico interessato a qualificare il matrimonio come sacramento da accettare  quindi volontariamente e senza le pressioni della famiglia della ragazza “compromessa”, (se pensiamo a quanto successo ad Abelardo ed Eloisa si può capire quanto fosse pericoloso svincolarsi), e le norme civili che, sia pur con delle differenze tra città e città o città e campagna, vedevano il matrimonio come un semplice contratto e puntavano essenzialmente a salvare l’onore della “sponsa” e soprattutto il futuro dei bambini nati da quella unione.

Pur con queste differenze sostanziali il clero cercò di non entrare in conflitto con gli usi locali in qualche modo accettandoli anche per tutelare la ragazza e i suoi figli. Da alcuni documenti giunti fino a noi risulta quanto detto da un prete fiorentino ad un seduttore:

“O tu hai da torre costei o tu ci hai a esser amazato” (nota 1)

L’arrivo della concorrenza protestante costrinse la Chiesa a irrigidirsi sugli aspetti dottrinali cancellando ogni compromesso e tra i tanti provvedimenti frutto del concilio di Trento si afferma in modo categorico che a dare valore al matrimonio è solo la Grazia Divina discesa sugli sposi alla pronuncia del giuramento.

Ogni uso civile viene considerato privo di valore e si dichiara correttamente che il sacramento del matrimonio deve essere accettato liberamente e non sotto minaccia.

Se da un punto di vista dottrinale la posizione post concilio è ineccepibile, da un punto di vista civile però crea un grosso problema perché lascia senza protezione le giovani ragazze vergini che cedono alle lusinghe di un seduttore, (il termine seduttore va inteso in senso ampio, anche il ragazzo in buona fede a cui i genitori non danno il consenso oppure il convivente che per vari motivi non vuole formalizzare la convivenza in essere al sopraggiungere di una gravidanza della compagna rientrano nella categoria).

Il non poter ricorrere ad una autorità per costringere il seduttore ad onorare le sue promesse alimenta la conflittualità e le faide familiari in quanto a quel punto sono solo le famiglie a tutelare l’onore dalla loro congiunta e soprattutto il mantenimento della prole e lascia in balia di sé stesse le ragazze provenienti da famiglie deboli o le orfane.

Una situazione esplosiva che non poteva non vedere un intervento deciso da parte del potere politico. Cosimo I in Toscana con decreto del 1558 punisce lo stupro con violenza con il carcere o la pena di morte, (Attenzione! La parola stupro in passato significava semplicemente deflorazione e con violenza si intende il rapimento senza entrare nel merito di se questo sia stato consensuale o meno ma di questo parleremo nel proseguo). Il provvedimento di fatto interviene a disincentivare le faide tra famiglie e la “giustizia privata” e introduce elementi egualitari perché cerca di equiparare i sudditi comuni ai nobili. L’effetto collaterale di questa norma fu il fatto che i parenti della sedotta falsavano i fatti presentando come rapimento anche dei rapporti perfettamente consensuali in cui era stata la ragazza a recarsi presso il ragazzo.

In Francia la legge regia del periodo continuava a tutelare la deflorata incinta mentre a Venezia il consiglio dei X punisce chi ottiene i favori (il rapporto sessuale) di una giovane nubile e onorata (vergine) su falsa promessa (di matrimonio) a meno che non la sposi.

Immagino che a questo punto vi domanderete come facessero i giudici ad accertare la verginità della ragazza ai tempi della seduzione. Si rifacevano alla buona fama della donna dando per scontato che una ragazza irreprensibile fosse anche vergine e che fosse caduta nel “peccato” solo dopo aver avuto una promessa di matrimonio.

Sia pur con le differenze relative ai diversi ordinamenti vigenti nei diversi Stati e al periodo storico, le leggi a tutela della ragazza compromessa dal seduttore continuarono ad essere presenti, ad esempio nella Toscana del 1754 la legge voluta dai Lorena condannava il seduttore che avesse ottenuto i favori della ragazza vergine con la falsa promessa di matrimonio a cinque anni di galera e l’obbligo di farle la dote a meno che non la sposasse.

Per quanto riguarda l’Italia post unitaria la situazione cambia per volontà di un noto anticlericale ovvero Zanardelli che fa eliminare la possibilità di considerare reato il “congiungimento con promessa di matrimonio” in quanto, secondo lui, bisognava distinguere giuridicamente il peccato dal reato. La posizione di Zanardelli è molto moderna ma lasciava le ragazze senza alcuna protezione dai seduttori. Poiché i mezzi di informazione non erano invasivi come oggi e le notizie si propagavano con lentezza in quel periodo ci furono ragazze che andarono ingenuamente a denunciare gli uomini che le avevano abbandonate dopo averle sedotte dietro promessa di matrimonio nonostante la norma fosse stata abolita. Resta comunque valido l’articolo 573 c.p: Sottrazione consensuale di minorenni

“Chiunque sottrae un minore che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso, al genitore esercente la potestà dei genitori o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volontà del medesimo genitore o tutore, è punito a querela di questo con la reclusione fino a due anni.   La pena è diminuita se il fatto è commesso per fine di matrimonio; è aumentata se è commesso per fine di libidine.”

La cassazione estende in realtà la validità di questo articolo:
“sottrarre un minore di diciotto anni dalla casa paterna e ritenerlo presso di sé, con il consenso della vittima, onde farne il compagno della propria vita, integra il reato de quo, in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice dell’art. 573 c.p. concerne la potestà dei genitori fino al compimento della maggiore età, e trova giustificazione nell’esigenza speciale di sottoporre la decisione del minore al vaglio dei genitori. Ciò al fine di evitare che un’insufficiente maturità, connessa all’età, possa spingerlo ad adottare delle decisioni che pregiudichino la sua vita futura.”

Con  sentenza del 6 ottobre 1988 la Cassazione ha aggiornato le cose sostenendo la necessità di valutare caso per caso quale fosse il reale interesse del minore.

Va detto che una ragazza in passato si sposava molto presto, (va anche  ricordato che agli inizi del ‘900 la vita media era di circa 40 anni),  ed infatti una sposa diciottenne era considerata “una vecchia zita” per cui l’articolo valeva per una larghissima fetta di popolazione femminile e comunque sottrarre un minorenne consenziente alla famiglia è reato anche oggi (vedi nota 2).

Alla famiglia della ragazza non più minorenne, rimasta quindi senza tutela, non restava che denunciare immediatamente per violenza carnale il ragazzo non appena si fosse verificata la fuga d’amore, (come avvenne già in Toscana all’emanazione della legge di Cosimo I), proprio per avere uno strumento di pressione da giocare nella trattativa successiva per definire le condizioni del matrimonio e soprattutto per evitare che dopo aver compromesso la ragazza il seduttore si dileguasse.

La legge in qualche modo si adatta a questo stato di cose ed infatti le norme del periodo considerano estinte le conseguenze penali del rapimento della ragazza qualora i due si fossero sposati, da un lato considerando l’avvenuto matrimonio come una prova di una denuncia strumentale , (la cosa non deve sorprenderci, si tratta di una strategia diffusa in tutte le epoche, venendo ai nostri giorni il giudice Carmen Pugliese ha stimato nell’ 80% le false denunce utilizzate in fase di separazione per estorcere condizioni più favorevoli), e dall’altro ritenendo inopportuno sottrarre alla nuova famiglia il suo unico sostegno.

Il sistema non era ovviamente perfetto e poteva permettere degli abusi , come vedremo, anche se in realtà il grosso delle fughe d’amore era sicuramente consensuale.

Per capire bene il meccanismo  provate ad immaginare di essere i genitori della ragazza fuggita con l’amato e di dover iniziare una trattativa matrimoniale, (una specie di partita a poker con rilanci e bluff), con i genitori di lui che però hanno il coltello dalla parte del manico.   Il punto cruciale era la dote che i genitori dovevano dare alla ragazza e che in teoria avrebbe dovuto essere l’apporto di risorse dei genitori di lei , (o dei fratelli perché anche loro erano obbligati a dotare la sorella  in mancanza dei genitori), alla nuova famiglia ma che spesso rappresentava un modo per pareggiare i conti tra il valore matrimoniale del pretendente e quello della ragazza.  Non a caso l’accusa più frequente delle donne rivolta ai genitori o ai fratelli era quella di essere troppo tirchi condannando la nubenda a non potersi sposare.  Il valore anche simbolico della dote era altissimo, rappresentava un elemento irrinunciabile pena la non sposabilità della nubenda e non raramente le famiglie rischiavano la rovina economica  per poterla accumulare.

Poiché la variabilità umana è alta vi sareste potuti trovare di fronte a persone generose che puntavano a chiudere la vicenda a favore dei ragazzi come vi sareste potuti trovare di fronte a persone grette che miravano solo  a raggiungere il loro massimo beneficio.   In una trattativa sfavorevole una denuncia strumentale vi avrebbe permesso di dire: “è vero, mia figlia è compromessa ma vostro figlio rischia la galera” rimettendovi in questo modo in pari.

Significato reale della parola stupro

In realtà gli antichi con stupro intendevano la deflorazione della ragazza e per questo a livello giuridico lo stupro veniva distinto nelle seguenti categorie:

lo stupro semplice

era il rapporto consensuale con una ragazza vergine e che in alcune legislazioni poteva dare origine ad una multa qualora fosse avvenuto senza il consenso dei genitori di lei;

lo stupro qualificato

era il rapporto con una ragazza vergine ottenuto però con false promesse di matrimonio e aveva conseguenze penali;

lo stupro con violenza

che però non  indica sempre quello che intendiamo noi oggi ma include anche il rapimento della ragazza senza che vi sia alcun rapporto sessuale.

Giusto per spiegare meglio con un esempio, se Romeo fosse entrato in casa di Giulietta con dei complici e l’avesse rapita (pur essendo lei ben contenta della cosa) si sarebbe parlato di stupro con violenza mentre andando lei all’appuntamento con Romeo  se avesse consumato un rapporto sessuale , ( desiderato da entrambi stando a quanto ci dice Shakespeare), si sarebbe parlato di stupro semplice.

A noi può sembrare strana questa eccessiva ampiezza dello stupro con violenza ma diventa tutto chiaro se ci immergiamo nel clima delle guerre feudali e tra famiglie nobili. E’ sempre esistito un tacito accordo su cosa una donna dovesse all’uomo e cosa l’uomo dovesse alla donna e tra questi obblighi un posto fondamentale lo aveva la difesa.  La ragazza aveva diritto ad essere difesa/vendicata dal padre e dai fratelli e dopo il matrimonio questo dovere passava al marito magari aiutato dai figli maschi.  Rapire una donna della famiglia avversaria anche senza violentarla dimostrava a tutti che gli uomini di quel clan fossero incapaci ad ottemperare ai propri obblighi e quindi il loro status sociale crollava. Per evitare questo enorme disonore  la famiglia che aveva subito il rapimento iniziava una cruentissima faida.   Definire stupro con violenza anche il solo rapimento era un modo per cercare di bloccare queste lunghe scie di sangue.

Proprio il significato così complesso della parola stupro ha spinto in tempi recenti il legislatore a usare il termine di violenza carnale e poi violenza sessuale per identificare il rapporto sessuale forzato facendo cadere in disuso il termine stupro.  Purtroppo il tentativo di farvi ricadere cose diverse, (per un periodo alcuni hanno cercato di far considerare violenza sessuale persino guardare una donna  e frutto di quel clima è  stata anche una condanna in primo grado), ha creato un problema di comprensione perchè era difatto venuto a mancare un termine che definisse chiaramente  il rapporto sessuale forzato per cui è stata ripescata la parola stupro creando una nuova ambiguità in chi leggendo i documenti del passato finisce per vedere rapporti sessuali forzati dove in realtà non c’erano.

Sposarsi in tribunale

Nell’ottimo articolo linkato (nota 3) l’autore ripercorre la vicenda giudiziaria avvenuta in Toscana nel 1778 di Angiola Papini che si rivolge al tribunale per costringere Giuseppe Daviddi a sposarla, (per averla deflorata senza poi sposarla rischiava 5 anni di galera e l’obbligo di fornirle la dote).

A noi contemporanei questo comportamento lascia perplessi, non è certo di buon auspicio far trascinare in catene davanti al giudice l’uomo che si vuole sposare, a maggior ragione se si pensa che il matrimonio fosse indissolubile.  Anche in questo caso dobbiamo entrare nella mentalità dell’epoca dove il matrimonio dava status sociale sia all’uomo che alla donna. Un uomo non sposato o non sacerdote o monaco veniva guardato con sospetto in quanto probabile impotente o addirittura omosessuale mentre una donna che non fosse né sposata né religiosa si veniva a trovare in un poco confortevole limbo senza uno status ben definito.
Inoltre dimentichiamo spesso che la pensione diffusa a tutta la popolazione anziana è una innovazione del ‘900, prima non esisteva.  Se una persona avesse voluto avere una buona vecchiaia avrebbe dovuto fare molti figli sperando che ne sopravvivessero abbastanza, soprattutto i maschi presso i quali sarebbe andata ad abitare e si sa, le guerre si portano via molti ragazzi giovani.
In alternativa poteva prendere i voti e andare in convento dove i nuovi arrivati si prendevano cura dei vecchi.

Prendendo in considerazione queste cose diventa pienamente comprensibile il desiderio delle ragazze di costringere al matrimonio il loro seduttore.

Possibili abusi

Ovviamente poiché nessun sistema è perfetto anche il matrimonio riparatore poteva presentare dei punti di degenerazione. La ragazza rapita dal clan rivale avrebbe potuto scegliere il matrimonio riparatore per evitare la cruenta faida che avrebbe potuto portare alla morte il padre e/o i fratelli, in questo caso non va però dimenticato che esiste la sindrome di Stoccolma, (il prigioniero si innamora del carceriere) per cui paradossalmente in alcuni casi il matrimonio avrebbe potuto essere dettato dall’amore più che dalla convenienza.

Anche la prospettiva di sposare un uomo di basso valore sociale o addirittura non sposarsi potrebbe essere una motivazione comprensibile per obbligare il violentatore, soprattutto se ha una buona posizione sociale, al matrimonio.

Anche il ragazzo rifiutato avrebbe potuto usare la strategia della fuga d’amore senza però avere il consenso della ragazza, si tratterebbe in realtà di una strategia molto rischiosa sia perché se fallisce il rapimento le cose si mettono male sia perché la violentata non è obbligata al matrimonio e neppure la sua famiglia che, soprattutto nel caso di pretendenti di status sociale più basso o di famiglie rivali, può decidere di non autorizzare lo sposalizio lasciando quindi ai magistrati il compito di punire il colpevole o addirittura tutelare il proprio onore con l’omicidio anche a costo di una faida familiare.

Altro disincentivo a questa strategia è proprio il fatto di trovarsi obbligato al matrimonio e quindi non poter contrattarne le condizioni ed in particolare la dote che la famiglia di lei deve fornire alla ragazza. E’ proprio sulla dote che si sono arenate molte trattative matrimoniali e si tratta di un elemento irrinunciabile che aveva anche un enorme valore simbolico.

 La vicenda di Franca Viola

Gran parte delle erronee credenze sul matrimonio riparatore in Italia sono legate alla vicenda di Franca Viola. Il mondo femminista ha volutamente cancellato la figura centrale del padre della ragazza che neanche per un attimo ha pensato di accettare un matrimonio riparatore, ha teso una trappola al violentatore, lo ha fatto arrestare ed ha sostenuto sempre la figlia. A causa di questa erronea versione della storia in molti pensano che Franca Viola avesse ricevuto pressioni dalla famiglia per accettare il matrimonio riparatore, cosa totalmente falsa.

Addirittura alcune versioni ideologico – strumentali della vicenda hanno descritto Bernardo Viola come un padre padrone facendo infuriare la stessa Franca Viola per la palese falsità (vedi nota 5)

A mio avviso la vicenda non rientra affatto nelle usuali dinamiche delle fughe d’amore perché il violentatore, Filippo Melodia, era legato alla famiglia mafiosa che governava quella zona e per motivi di prestigio non poteva accettare il rifiuto di Bernardo Viola a concedere il matrimonio con la figlia e men che meno una famiglia mafiosa avrebbe potuto accettare il fatto che una ragazza del paese potesse preferire sposare un tizio qualsiasi rifiutando uno dei propri. Come per Libero Grassi è una questione di sopravvivenza, se permetti ad uno di ribellarsi allora anche altri lo seguiranno e a breve il potere mafioso si sgretola. Non a caso Franca Viola non volle sposare per lungo tempo l’uomo che amava per non causarne il sicuro omicidio.

In realtà la vicenda Viola ricorda molto più la vera storia che ha ispirato i promessi sposi dove una ragazza venne rapita e violentata da un prepotente signore locale, un prete convinse la ragazza a denunciare la violenza al tribunale di Venezia, (pur essendo in Lombardia quel territorio era sotto il controllo veneziano), che condannò l’autore del crimine al carcere a vita, (essendo nobile aveva il diritto ad evitare la pena di morte).

Durante il processo Viola, fatto per accertare la violenza e non per obbligare la ragazza al matrimonio come incredibilmente credono in molti, la tesi difensiva fu: noi eravamo d’accordo e io sono disponibile a fare il matrimonio riparatore , sei tu che ora hai cambiato idea.
Quindi il Melodia riconosceva il fatto di averla compromessa e si rendeva disponibile a riparare ma sosteneva che fossero d’accordo e quindi non ci fosse violenza.

La tesi accusatoria invece sostenne che la ragazza non fosse affatto d’accordo. Il tribunale visti gli atti optò per la tesi accusatoria e condannò il violentatore a 10 anni di carcere e 2 di confino

Meriti e demeriti del femminismo in questa vicenda

Sicuramente se il padre della ragazza, Bernardo Viola, non è stato ucciso è per merito della grande attenzione mediatica creata dal femminismo.  I referenti politici della mafia ritennero un enorme colpo di fortuna il fatto che ci si concentrasse sugli aspetti relativi al matrimonio riparatore e non sulle logiche mafiose, non dimentichiamo che all’epoca ci si domandava se la mafia esistesse o meno, e sicuramente invitarono i capomafia alla moderazione.  Certo, il povero contadino subì diversi atti di intimidazione ma non perse la vita.

Va detto che spesso negli omicidi di mafia di quegli anni si cercasse di sviare le indagini verso le famose questioni di corna pur di evitare che la lente di ingrandimento fosse diretta verso il potere criminale locale.

E’ un merito anche aver aperto una serrata discussione sul diritto di non essere condizionati dalle famiglie nella scelta del coniuge anche perché le allora recenti innovazioni tecnologiche , anticoncezionali in primis, permettevano di superare molti degli usi e costumi evolutisi nei secoli e il potere di veto delle famiglia perdeva consistenza.

Se la narrazione di quegli eventi non si fosse appiattita sulla versione femminista forse si sarebbe potuto retrodatare la lotta alla mafia di diversi anni, inoltre è stata ingenerosa la cancellazione dei due uomini chiave della vicenda, il padre e il futuro marito ridotto a tizio che si sposa una ragazza non più vergine mentre invece pur di stare con la sua amata Franca ha realmente e consapevolmente  rischiato la vita.

Oggi che i fatti sono abbastanza lontani e possiamo analizzarli in maniera più obiettiva  penso che sia opportuno dare a Bernardo Viola un posto nel Pantheon   di chi si è opposto al potere mafioso come fece Libero Grassi e perché no, riconoscere anche a  Giuseppe Ruisi, (il marito), e Franca Viola un ruolo in quella Italia che si è opposta al potere criminale.

Il potere delle famiglie era davvero così grande?

In genere la valutazione del ruolo delle famiglie tiene presente solo le regole ufficiali e non prende in considerazione i fattori di correzione tipo le fughe d’amore né il modo effettivo in cui ci si regolava. Sicuramente le famiglie con grandi interessi politico territoriali puntavano al matrimonio combinato anche se questo non escludeva nei fatti un matrimonio fortunato e baciato dall’amore e ci sono diversi casi che lo provano. In effetti ancora oggi prosperano le agenzie matrimoniali il cui unico compito è combinare matrimoni quindi il sistema mondato di eventuali costrizioni continua ad avere anche oggi i suoi estimatori.

Per le altre tipologie di famiglie, (la stragrande maggioranza), è sicuramente più rispondente alla realtà pensare ad un potere di veto. I giovani non avevano quindi nessuna possibilità di scegliere con chi sposarsi? Difficile dirlo, la fuga d’amore era sicuramente un fattore di correzione importante ma si trattava pur sempre di una extrema ratio e neppure molto apprezzata dalle ragazze sia perché in fondo era loro desiderio avere un matrimonio in grande stile e non qualcosa di sottotono e poi per loro il disonore a ben guardare non veniva lavato completamente e a nessuna piace essere il piatto forte dei pettegolezzi da salotto.

Una cosa che molti dimenticano è che se dei genitori oggi si lasciano intenerire dalle lacrime delle figlie questo succedeva sicuramente anche mille anni fa. Possiamo avere sicuramente delle differenze culturali con i nostri antenati ma siamo uguali a loro biologicamente e questo dovrebbe farci capire che degli spazi di manovra dovevano esserci. Se poi pensiamo a cosa è capace di fare un ragazzo adolescente innamorato capiamo quanto fosse duro riuscire ad opporsi, in un articolo ho letto che addirittura alcuni fossero arrivati a minacciare di denunciare la madre come strega qualora non avessero avuto il placet al matrimonio. Ora una denuncia all’inquisizione mi sembra decisamente esagerata come cosa ma sicuramente non doveva essere facile tenere a bada gli innamorati e le leggi contro i seduttori o le molte convivenze ne sono una dimostrazione.

Guardando alla storia della mia famiglia c’è stato il caso della mia prozia oggi centenaria in cui i suoi genitori (i miei bisnonni) erano contrari al matrimonio con l’uomo che amava, (i due comunicavano nascondendo dei biglietti presso un albero), a causa della sua posizione economica precaria. Stiamo parlando dell’entroterra del sud e più precisamente della Campania. Alla fine la mia prozia la ha avuta vinta e si sono sposati, certo il problema era solo economico e le cose sarebbero state molto diverse se lui avesse avuto una cattiva fama ma questo dimostra che i genitori di fronte alla determinazione dei figli potevano fare retromarcia.
Nel caso di mia nonna invece la conoscenza con mio nonno avvenne ad un matrimonio, (dalle mie parti si dice che le feste di matrimonio fanno altri matrimoni), e la mia bisnonna quando la andò a trovare dopo il matrimonio le disse: “se avessi saputo che venivi in questa zona così disabitata non avrei dato il consenso”.

In effetti lei abitava in una bella valle molto antropizzata mentre la valle dove la figlia andò a vivere con mio nonno era molto bella ma poco abitata, (se siete curiosi è questa). Da ciò deduco che la mia bisnonna avesse un potere di veto e che l’esame sulle proprietà di mio nonno lo fecero sulla carta senza andare a controllare di persona.

Insomma, sarà stata strana la mia famiglia, tra l’altro dell’entroterra del sud da molti considerato erroneamente una specie di terra primitiva, ma non posso testimoniare casi di familiari che avessero subito imposizioni matrimoniali.  Neanche Rita , che ha collaborato fattivamente a questo articolo ha trovato nella sua famiglia casi di imposizioni anzi ,(parliamo di una piccola città del Nord), una sua parente nel 1927 ha avuto un figlio fuori dal matrimonio e i genitori non solo non l’hanno cacciata ma si sono fatti carico del nipote.

Considerando che le regole matrimoniali di fine ottocento – prima metà novecento non dovessero essere molto diverse da quelle in vigore secoli prima credo che studiando la storia dei nostri bisnonni e nonni e facendo una sommatoria si possa avere una idea più rispondente alla realtà di come andassero le cose.

Va ricordato che entro certi limiti l’attenzione alle risorse economiche del pretendente alla mano della figlia aveva un senso. In periodi duri dove la carestia non era una prospettiva remota come oggi  le risorse paterne potevano fare la differenza tra la vita e la morte dei nipoti.  D’altro lato anche l’attenzione all’onorabilità della futura sposa aveva uno scopo, una ragazza chiacchierata poteva rivelarsi adultera e quindi la paternità dei propri nipoti essere incerta.

Era il ragazzo a scegliere o la ragazza?

Formalmente era il ragazzo o la sua famiglia, nessun genitore di una ragazza, (e tanto meno la ragazza stessa), avrebbe mai voluto apparire così disperato da fare la prima mossa.  Per quanto riguarda la famiglia di lei il problema si risolveva con l’ intermediario, (tipo una comare introdotta nell’altra famiglia), che tra una chiacchiera e l’altra  in maniera “casuale” metteva la pulce nell’orecchio della famiglia di lui con frasi del tipo: il ragazzo è ormai in età per prendere moglie io lo vedrei bene con tizia …

La ragazza quindi non aveva proprio nessun modo per far interessare a lei un ragazzo senza apparire una disperata?  In realtà la questione è oggetto di studi ancora oggi ad esempio negli approcci nei locali dove è generalmente l’uomo a farsi avanti e la donna a decidere per il si o il no ma è davvero così?

Secondo Allan e Barbara Pease, che hanno filmato e poi studiato gli approcci tra uomini e donne in diversi locali, nel 90% dei casi è la donna a invitare l’uomo inviando dei segnali di interesse con gli occhi che lui generalmente ,(a meno che non si tratti di un Casanova), non comprende subito per cui dovrà ripeterli almeno tre volte, se è fortunata.  A questo punto l’uomo, se riesce inconsapevolmente a registrare questi segnali, si avvicina e tenta l’approccio. E’ per questo che gli uomini pensano di essere sempre loro a proporsi, nei fatti è andata così e non hanno consapevolezza dei segnali che sono stati percepiti ma in maniera inconsapevole.   E’ quindi molto probabile che anche durante le feste o per strada la ragazza in età da marito lanciasse segnali con gli occhi , (come fanno anche oggi le sue discendenti), o comunque mostrasse un interesse e se l’uomo non avesse recepito si poteva sempre usare il famoso trucco del fazzoletto.

Reato contro la morale o contro la persona?

Anche in questo caso il problema di fondo è che noi viviamo in una società che ha messo sull’altare i valori individuali e non possiamo capire veramente una società che aveva sull’altare i valori collettivi tipo la famiglia, la religione lo Stato o la morale.

 Ciò che non giova all’alveare non giova neppure all’ape.  Marco Aurelio 

Per capire cosa comportasse questo cambio di prospettiva possiamo guardare all’evoluzione delle punizioni riservate alla bestemmia, in passato le pene erano abbastanza umilianti (a Verona nel Duecento il bestemmiatore veniva ripetutamente immerso nel fiume, a Vercelli veniva esposto in piazza incatenato ecc.)  mentre oggi la bestemmia è diventata un reato pressoché irrilevante e comunque difficilmente perseguito. In passato era considerato opportuno uccidere qualcuno in un duello perché non aveva ceduto il passo, (una mancanza di rispetto alla propria casata se fatto da qualcuno di una casata inferiore),  mentre oggi non solo l’omicidio è sempre un reato grave ma addirittura farlo per motivi legati alla viabilità comporta  l’aggravante dei futili motivi.

In un contesto in cui i valori collettivi avevano un peso maggiore rispetto all’individuo il fatto che i rapporti sessuali estorti con la forza fossero considerati un reato contro la morale era in realtà una protezione maggiore perché impegnava tutta la comunità a tutelare un valore collettivo.
Con il cambio valoriale iniziato nel dopo guerra se non prima  e diventato tumultuoso negli anni 60 -70 l’individuo è diventato un assoluto fruitore di diritti e non più un elemento di una entità più importante sia essa la famiglia o lo Stato.  Il cambio valoriale ha ovviamente modificato le carte in tavola trasformando quella che era una maggiore protezione  in una protezione meno significativa.
E’ stato giusto aggiornare la classificazione di questo crimine, non perché prima fosse iniqua ma perché essendo cambiato il modo di vedere le cose nella società si è reso necessario apportare degli adeguamenti.

Ettore Panella

Si ringrazia per la preziosissima ed indispensabile collaborazione Rita Vergnano

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L’istituzione matrimonio è in crisi?

Note

nota 1

Sociabilità e relazioni femminili nell’Europa moderna – Elena Brambilla

Non sempre sono d’accordo con le conclusioni ma il testo è ben documentato sulla storia del matrimonio riparatore.

nota 2

Caltanissetta, la “fuitina” finisce in tribunale

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/caltanissetta-due-fidanzati-ricorrono-fuitina-finiscono-1296964.html

La “fuitina” d’amore costa cara I genitori di lei vanno risarciti

http://www.repubblica.it/2004/k/sezioni/cronaca/fuitina/fuitina/fuitina.html

nota 3

Sposarsi in tribunale. Sessualità e matrimonio nella Toscana del Settecento

http://storicamente.org/sites/default/images/articles/media/1259/giorgia_arrivo_matrimonio_toscana_settecento.pdf

nota 4

Illudere l’amante di essere single o divorziati è un reato penale, secondo la Cassazione

http://www.lastampa.it/2016/08/11/italia/cronache/illudere-lamante-di-essere-single-o-divorziati-un-reato-penale-secondo-la-cassazione-ESJNY8EFWZcloKkh15ak5K/pagina.html

nota 5

<<quando ho letto quel libro sulla mia storia, “Niente ci fu”, mi sono tanto arrabbiata. Non è quella la mia storia, per niente. Mio padre non era un padre padrone: era un uomo buono e generoso.>> (Franca Viola)
http://www.repubblica.it/cronaca/2015/12/27/news/_io_che_50_anni_fa_ho_fatto_la_storia_con_il_mio_no_alle_nozze_riparatrici_-130210807/

nota 6

Il dipinto è di  Jean Vignaud e rappresenta Abelardo ed Eloisa sorpresi da Fulberto.  Abelardo fu sottoposto alla vendetta della famiglia di Eloisa per averla compromessa senza aver pubblicamente riparato con il matrimonio.

 

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