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Perchè le donne rischiano la depressione in misura doppia rispetto agli uomini? Come questo può spiegare alcuni comportamenti femminili che gli uomini considerano insensati?

Prima di leggere questo articolo è sicuramente utile leggere l’articolo “cos’è la depressione” per prendere dimestichezza con questo fenomeno e con  alcuni termini che in quell’articolo vengono spiegati ma che quì darò per scontati.  Il dott. Seligman, nel suo utile libro “imparare l’ottimismo”, dice:

…la depressione è primariamente femminile. Una serie di studi ha rivelato che durante il ventesimo secolo la depressione ha colpito le donne più frequentemente degli uomini. La proporzione è oggi di due a uno.

Uno dei fattori, secondo me,   maggiormente protettivi per gli uomini è il poter fare bene solo una cosa per volta. Al contrario delle donne che riescono a fare più cose contemporaneamente gli uomini tendono a concentrarsi su una sola cosa e dimenticarsi tutto il resto. Quando un uomo si stende sul divano e fa zapping selvaggio non fa altro che cancellare dalla mente i pensieri applicando la distrazione. Concentrarsi sul proprio hobby preferito toglie spazio ai problemi che magari verranno ripresi più tardi e affrontati meglio.  La stessa operazione di “igiene mentale” le donne generalmente non riescono ad applicarla e quel che è peggio confondono il tentativo del loro partner di pulire la mente con il perdere tempo ed oziare. In particolare il dott. Seligman dice:

le donne hanno il doppio di probabilità, rispetto agli uomini, di soffrire di depressione perchè, in media, pensano ai propri problemi in modi che amplificano la depressione . Gli uomini tendono ad agire piuttosto che a riflettere, mentre le donne tendono ad avere un atteggiamento “contemplativo” verso la depressione , rimuginando su di essa, tentano di analizzarla e di individuarne la causa scatenante.

Come abbiamo visto nell’articolo “cos’è la depressione” , la ruminazione,(ovvero il pensare ossessivamente ai propri problemi) è un fattore di rischio. Un uomo che perde il lavoro si metterà subito a cercarne un altro, si prenderà una pausa distraendosi con qualche hobby o andrà ad ubriacarsi in un bar mentre una donna cercherà di analizzare continuamente cosa è successo.

L’atteggiamento di analisi e di ruminazione dei propri sentimenti di disagio e di malessere può essere una spiegazione probabile del fatto che le donne sono più depresse degli uomini. Il fenomeno implica che gli uomini e le donne esperiscano dapprima una lieve depressione allo stesso livello e che in seguito nelle donne essa aumenti in virtù di questo atteggiamento di “fissazione”; negli uomini d’altra parte, questo stato si dissolverebbe per la messa in atto di comportamenti di distrazione

Il pessimismo è un’altro fattore che predispone alla depressione. Perchè le donne sono più pessimiste? Seligman ci offre un’altra informazione interessante, da bambini i maschi risultano più depressi delle femmine ma con l’adolescenza le cose si invertono.

Personalmente io credo che in genere  un problema non abbia una sola causa ma spesso cause diverse concorrono a determinare uno stesso problema.  La mia opinione è che l’evoluzione abbia causato questa differenza tra i sessi e proverò a  spiegare perchè le donne siano più pessimiste degli uomini secondo la logica evoluzionista.

Nei millenni i due sessi si sono divisi i compiti nella maniera più efficiente possibile riservando agli uomini compiti pericolosi come  la difesa e la caccia alle grandi prede mentre alle donne ( spesso incinte o con bambini da allattare) sono stati riservati compiti da svolgere al sicuro nel villaggio o comunque in territori conosciuti e tutto sommato protetti.  Allontanarsi da casa per lunghi periodi, inoltrarsi in territori sconosciuti e probabilmente ostili non è cosa che si può affrontare senza una buona dose di ottimismo, bisogna credere nella certezza del proprio ritorno sani e salvi perchè altrimenti il timore potrebbe togliere lucidità e determinazione.  Una volta cacciata la preda gli uomini tornavano al villaggio dove le risorse venivano consegnate alle donne che le amministravano. Dalla notte dei tempi la donna è sempre stata considerata la regina della casa. Una buona dose di pessimismo aiuta chi deve stabilire come utilizzare le risorse alimentari perchè l’idea che domani potrebbe esserci penuria di cibo, ed in passato niente era più certo delle carestie, permette di creare delle scorte utili per i momenti di fame. Le donne hanno scelto i migliori cacciatori per accoppiarsi e quindi l’ottimismo si è diffuso nella popolazione maschile mentre le donne così ottimiste da banchettare allegramente hanno visto morire di fame i loro figli alla prima difficoltà e quindi i figli delle donne pessimiste hanno avuto più probabilità di sopravvivenza.

Seguendo questo ragionamento dovremmo avere uomini totalmente ottimisti e donne totalmente pessimiste, cosa non vera in questi termini. Al Siebert, nel suo “il vantaggio della resilienza” dice che le persone più resilienti, (cioè che meglio riescono a reagire alle avversità), agiscono mediante ossimori , (cioè concetti contrapposti). Gli uomini dell’antichità avrebbero dovuto quindi sviluppare un ottimismo pessimista ovvero avrebbero dovuto avere di base un approccio ottimista rispetto al loro successo e al loro ritorno ma senza essere avventati e quindi con quel pizzico di pessimismo che avrebbe loro permesso di pianificare le imprese e prevedere i pericoli. Al contrario le donne avrebbero dovuto sviluppare un pessimismo ottimista ovvero avrebbero dovuto avere un approccio pessimista per accumulare scorte ma senza sfociare nell’avarizia e nell’ossessione gestendo oculatamente le scorte alimentari senza condannare la famiglia ad una eccessiva e ingiustificata sottoalimentazione.

La spiegazione evoluzionistica ci porta dritti a guardare alla genetica. La componente genetica è quella che i neuropsichiatri prediligono al contrario degli psicologi. Louann Brinzendine cita il gene CREB-1 che risulta alterato in alcune donne depresse ed è attivato dall’estrogeno. Potrebbe essere questo uno dei tanti meccanismi che alimentano la maggiore vulnerabilità femminile alla depressione specie nelle adolescenti in occasione dei picchi ormonali e la depressione stagionale a cui, sempre secondo la dottoressa, vanno soggette le donne in misura tripla rispetto agli uomini. Altro gene che sembrerebbe implicato nella depressione è il 5-HTT che potrebbe scatenare la depressione in occasione di un forte stress

Anche altri eventi ormonali – gravidanza, depressione postpartum, sindrome premestruale, perimenopausa – possono mandare in frantumi l’equilibrio emotivo del cervello femminile , e una donna durante un periodo problematico, può aver bisogno che venga ristabilito il suo equilibrio chimico od ormonale (Louann Brizendine)

Leggendo il testo di Seligman mi è venuta spontanea l’ipotesi che la maggior tendenza al pessimismo delle donne possa anche  essere ricercata nel processo che porta a diventare adulti. Seligman dimostra  chiaramente che è  lo stile esplicativo (come ci si spiega gli eventi negativi) della madre a condizionare lo stile esplicativo dei figli.  In pratica se lo stile esplicativo della madre è pessimista lo sarà anche quello dei figli.

La figura materna è preminente nei primi anni di vita dei figli ma col tempo perde importanza e cresce quella del padre. Pur essendo fondamentale per entrambi i sessi, la figura paterna ha una importanza maggiore per i figli maschi che vedono nel padre un punto di riferimento e confronto con cui formare la propria identità maschile. Uno dei compiti paterni consiste proprio nel tagliare metaforicamente il “cordone ombelicale” del figlio con la madre e lanciarlo nel mondo degli adulti seguendo quella che Claudio Risè chiama la spinta fallica, ovvero  accettare i rischi delle sfide abbandonando il grande utero materno che protegge e nutre ma toglie anche la volontà di rischiare e affermarsi nel mondo.

Tutte le società umane hanno sempre sottratto i figli maschi alle madri quando l’adolescenza iniziava a farsi vedere per introdurli nel mondo dei maschi adulti. Uscire  dalla sfera di influenza materna ed entrare nella sfera paterna o comunque in quella del proprio universo maschile può salvare i maschi dalla depressione modificando il loro stile esplicativo appreso dalla madre?

Qualora la mia osservazione fosse fondata allora i figli allontanati dalla figura paterna dovrebbero essere più depressi rispetto ai coetanei.  Seligman dice:

…Il primo dato emerso, ed anche il più importante, è che i figli di genitori divorziati soffrono. Li abbiamo testati due volte l’anno ed è risultato che questi soggetti erano molto più depressi dei bambini di famiglie unite. inoltre, contrariamente a quanto sperato, la differenza tra i due gruppi non diminuì nel tempo. Tre anni più tardi, i bambini di genitori divorziati erano erano ancora più depressi degli altri bambini.

Purtroppo la ricerca di Seligman non mi aiuta, i bambini figli di genitori divorziati e a maggior ragione i maschi sono più depressi perchè allontanati dal padre, sia fisicamente sia con forme di denigrazione da parte della madre miranti a svalutare la figura paterna e di conseguenza un pezzo importante della propria identità oppure è la separazione in sè a far diventare in media maggiormente depressi i bambini?

Sarebbe interessante effettuare una ricerca solo sui figli maschi di donne rimaste vedove quando i figli erano molto piccoli e che non abbiano avuto un nuovo compagno. Senza una ricerca specifica, (che purtroppo non ho trovato), la mia resta solo una ipotesi tutta da verificare e temere visto che, un po’ perchè i divorzi alienano la figura paterna, un po’ perchè i padri sono sempre più deboli rispetto alle madri, dovremmo aspettarci sia un aumento della depressione nella popolazione maschile sia una maggiore staticità della nostra società dove i giovani smettono di accettare il rischio dell’ignoto e del nuovo per trincerarsi nel sicuro status quo .

Un’altra possibile spiegazione la fornisce lo stesso Seligman citando il lavoro di Carol Dweck, famosissima studiosa dello sviluppo emotivo,.

Immaginiamo di entrare in una classe […] è una forte differenza tra il comportamento delle femmine e quello dei maschi. Le femmine sono per la maggior parte un piacere per l’insegnante: siedono quiete, anche a mani congiunte, e sembrano ascoltare con attenzione. Quando non si comportano adeguatamente, bisbigliano e fanno risatine, ma fondamentalmente rispettano le regole. I maschi sono una pena. sono irrequieti anche quando tentano di stare seduti, cosa che non fanno spesso. Sembra che non ascoltino e non rispettano le regole tanto scrupolosamente quanto le femmine …

Basta chiedere a un qualsiasi insegnante e questo confermerà quanto detto dalla Dweck anche se alcune insegnanti elementari mi hanno detto che le cose cominciano a cambiare. In ogni caso quello che sicuramente rappresenta un notevole vantaggio in termini di considerazione da parte degli insegnanti che , ovviamente, preferiscono avere classi femminili si rivela però un problema perchè può indurre uno stile esplicativo pessimista nelle ragazze.

Se un ragazzo non fa bene un compito l’insegnante lo redarguirà dicendo “non sei stato attento”, “non ti impegni” “fai chiasso invece di ascoltarmi”. tutte spiegazioni temporanee perchè l’impegno e l’attenzione si possono cambiare. Se è una ragazza a non ottenere risultati brillanti allora l’insegnante non potrà usare spiegazioni temporanee quali la distrazione perchè le femmine sembrano molto attente oppure il cattivo comportamento perchè le femmine tendono a rispettare le regole. L’insegnante userà spiegazioni permanenti quali ad esempio “non sei portata per la materia”, “sei disordinata” ecc.

Un’altra caratteristica che differenzia uomini e donne rispetto alla depressione lo ha evidenziato uno studio del Dipartimento di fisiopatologia clinica dell’Università di Firenze  dimostrando che la mancanza di sesso nella coppia induce  depressione negli uomini e che al contrario basti il semplice interesse erotico-sessuale della compagna per risollevare il morale.

COME QUESTA MAGGIOR TENDENZA ALLO STILE ESPLICATIVO PESSIMISTA E ALLA DEPRESSIONE PUO’ INCIDERE SUI RAPPORTI TRA I SESSI

Su un forum alcune donne si lamentavano del fatto che gli uomini dicano piccole bugie e non abbiano il coraggio di esprimere un parere. Trovai l’argomento molto stimolante, anche perchè si tratta di cose ampiamente dibattute in ambito maschile per arrivare alla solita conclusione: chi le capisce le donne!

Caso abbastanza frequente  a cui tra l’altro ho assistito:

lei:  sono grassa?
lui: no, non sei grassa!
lei: bugiardo! Non vedi questo grasso che traborda?
lui: la guarda prima meravigliato (dov’è questo grasso che traborda?) e poi sconsolato.

la cosa si ripete all’infinito finchè lui stremato tenta una nuova strada e risponde: vabbè, ma che importa un po’ di grasso

lei: Uahhh!!!! Hai detto che sono grassaaa!!! Allora sono una ciccionaaaa!!!!
lui: nooooo! Volevo dire che con l’età un po’ di grasso ci può anche stare, non si può sempre avere il fisico dei vent’anni.
lei: vuoi dire che sono vecchiaaaaaa!!!

e così via in un continuo circolo vizioso dove lui più cerca di uscirne più ne rimane invischiato.

La mia ipotesi è che sia proprio la maggior tendenza alla depressione, al pessimismo e allo stile esplicativo pessimistico che porta principalmente le donne, (e gli uomini, anche se in misura notevolmente inferiore), ad essere autodistruttive e addirittura a sollecitare chi le sta attorno, in primis il partner, a rispondere alle loro richieste in maniera tale da confermare le proprie credenze negative .

A domande del tipo sono grassa?  Non esiste risposta giusta. Se la donna ha queste tendenze pessimistiche il rapporto finirà gioco forza per generare problemi difficili da gestire. In genere l’uomo tenderà a soffrire la negatività della compagna al punto di voler evadere perchè è difficile vivere un quotidiano fatto di equilibrismo al solo scopo di trovare sempre la risposta meno pericolosa mentre dall’altro lato ogni osservazione, anche la più innocente ha l’effetto del sale versato su una ferita.

L’unica vera via di uscita è affrontare il problema alla sua radice anche perchè non è solo il rapporto di coppia a deteriorarsi ma una donna (o in parte  minore  un uomo) con questo problema avrà difficoltà sul lavoro, (lo stile esplicativo negativo incide profondamente anche sull’autostima), e in tutti gli aspetti della vita finendo col vivere la propria esistenza più come una pena che come una ricchezza.

Prendere consapevolezza di un problema è già un buon  viatico perchè come diceva Lao Tze, un viaggio di mille miglia comincia quando ci si allaccia le scarpe.

A questo scopo può essere senz’altro utile leggere il libro “imparare l’ottimismo” dove Seligman spiega come modificare il proprio stile esplicativo e riconoscere e bloccare le proprie credenze negative.

Ettore Panella

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Questo articolo ha 2 commenti

  1. ale

    si ma scrivilo in una premessa che è un articolo della minchia,perchè io avevo cominciato a leggerlo con serietà.

  2. Riccardo

    E’ incredibile come a tutt’oggi, dalla massa, la depressione non sia ancora giudicata come una vera e propria malattia. E pochissimi siano in grado di curarla.

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