Al momento stai visualizzando Il gruppo-pensiero (groupthink) : la patologia del pensiero

 

I gruppi possono essere visti come una specie di “mente collettiva” capace di sommare le potenzialità dei singoli in modo da ottenere prestazione notevolmente migliori a patto di non cadere nel gruppo-pensiero (groupthink), una patologia che permette di raggiungere le più alte vette dell’incompetenza e del ridicolo.

 

 

Nella storia degli esseri umani il gruppo è sempre stato un elemento fondamentale, capace di assicurare protezione ma soprattutto  permettere di superare i limiti del singolo. Spesso i problemi sono complessi e non raramente si intrecciano tra loro, poter contare sull’esperienza e sulla capacità di più persone può fare la differenza perché come dice un proverbio: quattro occhi vedono meglio di due.  Per una sola persona è difficile focalizzare l’attenzione su più variabili a causa di pregiudizi, disattenzioni, repulsioni inconsapevoli o mancanza di alcune  delle competenze necessarie, il gruppo al contrario permette di coordinare le competenze e le capacità di attenzione di più individui.  Ciò che  sfugge a Tizio può essere notato da Caio, si può raccogliere una mole maggiore di informazioni e usufruire di più esperienze e competenze.   Un gruppo che lavori in modo ottimale prenderà decisioni migliori del singolo ma … in agguato c’è un pericolo!  Un fenomeno insidioso a cui tutti i gruppi sono esposti ed è il gruppo-pensiero (groupthink) su cui   Irving Janis ha indagato.

 

Il gruppo-pensiero non è altro che un sistema di difesa che agisce deteriorando l’attenzione.  Detta in maniera più semplice questo meccanismo punta a salvaguardare la coesione e/o il morale e/o l’autostima di un gruppo scegliendo di non prendere in considerazione o addirittura manipolando le informazioni oggettive in aperto contrasto con le opinioni o le decisioni operative del gruppo.

 

Poichè il gruppo è sempre stato cruciale per la sopravvivenza dell’individuo il pericolo che questo si possa sfaldare, (e quindi ritrovarsi soli nella foresta della vita, senza il conforto degli altri e in crisi di identità),  genera ansia e  al fine di dare sollievo a questa ansia spesso neghiamo anche l’evidenza e ci chiudiamo a riccio invece di assumerci l’onere e il rischio di cambiare e di evolvere.


Giusto per fare un esempio pensiamo a come la comunità scientifica, (in teoria la più aperta alla novità e al dato oggettivo), reagì  alla teoria di Darwin relativamente alla discendenza dell’essere umano dalle scimmie. Inizialmente l’evoluzionismo  trovò tantissimi avversari e si affermò lentamente man mano che i vecchi scienziati morivano e i nuovi, cresciuti a contatto sia con la teoria creazionista che evoluzionista, aderivano alla teoria evoluzionista.

Il gruppo-pensiero è difficile da individuare e i membri di un gruppo ben difficilmente saranno consapevoli di essere sotto il suo influsso. Janis sostiene che il leader è magari onesto quando chiede agli altri opinioni sincere ma può operare delle inconsapevoli azioni per ostacolare le critiche soprattutto quando il gruppo ha trovato una posizione comune oppure premiare velatamente chi mostrasse accondiscendenza con quanto da lui sostenuto, ad esempio privilegiandoli nella scelta di incarichi prestigiosi.

 

I membri stessi di un gruppo possono , magari inconsapevolmente, attivare delle autocensure.   Janis scrive:
Ogni individuo del gruppo si sente in obbligo di evitare critiche penetranti che potrebbero portare a uno scontro con i compagni e distruggere l’unità del gruppo … Ciascun membro eviterà di interferire con il consenso emergente ripetendosi che gli argomenti contrastanti che gli erano venuti in mente dovevano essere sbagliati o che i suoi dubbi non sono così importanti da essere menzionati ( Irving Janis )

Invece di nascondere un segreto o un comune disagio, il gruppo paralizza la propria attenzione e imbriglia la propria ricerca di informazioni per conservare l’unanimità. La lealtà al gruppo richiede che i suoi membri non sollevino domande imbarazzanti, non attacchino deboli argomentazioni , non contrappongano la realtà dei fatti a sciocche opinioni (Daniel Goleman)

Particolarmente interessante il caso della politica e Irving Janis fa notare che quanto più è alta l’unità e la compattezza di un gruppo politico tanto più grande sarà il pericolo che il gruppo-pensiero ( groupthink ) boicotti, ridicolizzi, scomunichi un pensiero critico e/o indipendente.

Un caso particolarmente interessante di fallimento dovuto al gruppo-pensiero è la spedizione USA nella baia dei porci a Cuba. Una operazione veramente sconclusionata dove un gruppo affiatato di alti dirigenti operò inconsapevolmente per non tener conto di informazioni vitali. Ad esempio si erano convinti che Castro fosse odiato dalla popolazione e non si preoccuparono di  chiedere conferme dagli agenti sul posto o consultare  i rapporti già in possesso della amministrazione americana che invece attribuivano a Castro  un buon consenso popolare. Qualora lo sbarco fosse stato ostacolato con efficacia dall’esercito cubano il gruppo invasore, secondo il piano, avrebbe dovuto ripararsi sui monti in attesa della sollevazione popolare. Una strategia intelligente, peccato che sarebbe bastato guardare una carta geografica per rilevare gli oltre 100km di distanza tra le montagne e il punto di sbarco, una distanza incolmabile per della gente in difficoltà tallonata da reparti regolari dell’esercito cubano almeno 150 volte superiore in numero.

 

In che modo il gruppo-pensiero ( groupthink) è capace di rendere ciechi persino degli alti dirigenti dotati di esperienza e competenza?  

Goleman, attraverso il lavoro di Janis, individua alcuni punti critci:

Illusione dell’invulnerabilità

Un gruppo può vivere un momento di esaltazione ed euforia arrivando a ritenere che qualsiasi cosa si faccia avrà successo per non si capisce quale motivo. Una situazione che ,secondo Janis,  si verifica più  facilmente nei gruppi appena formati dove il singolo si sente coccolato e protetto, onorato di essere stato scelto  e magari sotto l’influsso di una sincera ammirazione per un leader carismatico. Ogni membro del nuovo gruppo farebbe qualsiasi cosa pur di non rompere l’euforia del gruppo e si autocensura imponendosi di non vedere le falle perchè anche una critica oggettiva verrebbe vista dagli altri come un attacco al collettivo.

L’illusione dell’invulnerabilità si vede chiaramente in molte imprese anche se non sempre, da sola,  è stata fonte di disastri.  Nel caso della baia dei porci a Cuba o dell’impresa di Pisacane a Sapri è evidente ma nel caso di una impresa altrettanto, se non maggiormente, sconclusionata come la spedizione dei mille invece ha garantito il successo perchè mai una persona sana di mente si sarebbe imbarcata sui due piroscafi male in arnese diretti in Sicilia se non spinta da una incosciente fede nel successo.

Illusione dell’unanimità

La fede o le decisioni adottate dal gruppo vengono ritenute da tutti come valide a prescindere. I membri stessi prevengono le divergenze e insieme al loro leader focalizzano la loro attenzione e il loro impegno solo dove c’è convergenza sacrificando l’esplorazione di tutte le possibili decisioni o la ricerca di dati che potrebbero rovinare l’unanimità. in pratica se nessuno esprime una critica allora viene da sè ritenere che si sia tutti assolutamente d’accordo ma ciò non è necessariamente vero, magari qualcuno avrebbe delle critiche che non esprime.

La soppressione dei dubbi personali

Nessuno ama essere il rompiscatole della situazione, talvolta basta una occhiata di traverso per scoraggiare un individuo dall’esprimere delle critiche. La paura di essere isolato dal gruppo rappresenta un ottimo motivo per imporsi l’autocensura.

Le guardie mentali

Simpatici come uno scoiattolo aggrappato alle pendule parti basse questi individui si assumono il compito di vigilare affinchè l’unità del gruppo non venga messa in pericolo da critiche o informazioni “pericolose”. La loro lotta contro le informazioni è degna delle più intense pagine di epica, una lotta quasi titanica. Da perfetti sergenti zittiscono con modi bruschi anche il più timido dissenziente minacciando spesso “scomuniche” e dando patenti di ortodossia.   Utilissime alla coesione e all’unità del gruppo le guardie mentali permettono a quest’ultimo di raggiungere le più alte vette dell’incapacità e del ridicolo.

La razionalizzazione

La razionalizzazione non è altro che il tentativo di minimizzare dei fatti oggettivi per giustificare dei risultati deludenti senza rimettere in discussione i propri comportamenti o la propria strategia.
Ad esempio: l’arbitro ci odiava è una razionalizzazione per giustificare una prestazione deludente e non sentirsi in dovere di cambiare qualcosa.  In politica il caso classico consiste nello spostare l’attenzione dai dati e i fatti oggettivi alla moralità o onestà di chi li ha espressi.  In pratica invece di entrare nel merito  di ciò che l’altro dice si sposta l’attenzione sui secondi fini , (in genere presunti), dell’interlocutore o sulla sua  infedeltà alla linea del leader o del partito.  Una via di fuga dall’ansia che genera il veder mettere in crisi i propri schemi mentali.

Chi ha vissuto i rituali della  politica italiani ai tempi del muro di Berlino ricorderà sicuramente la massima: “se i fatti sono contro di noi peggio per loro” in cui addirittura si riteneva superfluo persino il bisogno della razionalizzazione.

I paraocchi etici

Credere di essere nel giusto è una condizione normale per un gruppo. Non si spiegherebbe altrimenti perchè un tizio dovrebbe aderire ad un gruppo qualora pensasse  che questo non sia nel giusto.  Il problema sorge quando la rettitudine e moralità del collettivo non è tanto legata a fatti oggettivi ma ad una convinzione che prescinde la realtà dei fatti. La conseguenza sfocia anche  nell’illusione dell’invulnerabilità, infatti se siamo così retti e giusti perchè Dio (o il destino o la fortuna) non dovrebbe sostenerci?
Il passo successivo risulta essere ancora più insidioso, se siamo giusti allora deve necessiamente essere giusto tutto ciò che facciamo. In pratica qualsiasi cosa riprovevole il gruppo deciderà di fare allora i paraocchi etici ci impediranno di provarne vergogna (almeno finchè restiamo nel gruppo, una volta usciti è tutta un’altra storia con la coscienza).  I paraocchi etici non coprono gli occhi dei membri del gruppo allo stesso modo e per questo motivo ci sono individui che prima rispetto ad altri si liberano di questi condizionamenti e assumono apertamente un ruolo critico, in alcuni casi senza uscire dal gruppo assumendosi il poco confortevole ruolo di grillo parlante in altri casi invece escono dal gruppo e ne diventano  i più feroci critici perchè essendo totalmente  delusi dall’inganno subito esorcizzano la riprovazione verso la propria, comprensibile, debolezza attaccando chi ha lucrato sulla loro buonafede.  Chi è ancora sotto l’influsso dei paraocchi etici invece considererà il “traditore” degno di ostracismo e biasimo anche in questo caso però ci saranno elementi comunque disposti a ragionare sia pur per riportare all’ovile la pecorella smarrita e altri fortemente decisi ad isolarlo e generalmente in questo si distinguono le guardie mentali.

Molto interessante è un caso dove paraocchi etici e razionalizzazione portano alla chiusura del gruppo in sè stesso.
“Non abbiamo saputo farci capire” è la classica razionalizzazione, per giustificare un fallimento, di un gruppo vittima dei paraocchi etici. I membri del gruppo rifiutano di prendere in considerazione il fatto che invece gli altri li abbiano capiti fin troppo bene e non mettono in discussione  il loro operato o le loro convinzioni però, almeno formalmente, conservano una minima apertura verso l’esterno.
“Gli altri non ci capiscono” risponde alle stesse caratteristiche del “non abbiamo saputo spiegarci” però mostra la chiusura del gruppo verso l’esterno. “gli altri sono troppo idioti per capirci” è spesso la versione sincera della frase “gli altri non ci capiscono” e mostra un gruppo ormai salito sulla sua torre d’avorio, incapace di relazionarsi con l’esterno e di analizzare i fatti con obiettività sopperendo con una presunta superiorità morale o intellettiva alla necessità di una analisi obiettiva e una verifica onesta.

Gli stereotipi

La mente umana ragiona per schemi. Se alle mie spalle sento il rumore di una moto il mio cervello saprà che ha 2 ruote,un sellino, un manubrio ecc. Non ho visto la moto ma il suo rumore ha permesso al mio cervello di richiamare lo schema della moto ovvero le caratteristiche essenziali che ogni moto ha in comune con le altre. Gli schemi si evolvono e man mano che raccogliamo nuove informazioni o cambia qualcosa i nostri schemi si adeguano.  Per rifarci all’esempio di prima se escono sul mercato le moto volanti allora nel mio schema mentale di moto andranno ad aggiungersi le ali.

stereotipo è semplicemente uno schema  che non si adegua ma resta sostianzialmente impermeabile ai fatti nuovi.  Lo stereotipo non è necessariamente sempre negativo, (ad es. gli italiani sono inaffidabili), può anche essere positivo, ( gli italiani sono tutti simpatici), ma sia positivo che negativo rappresenta sempre la realtà in modo inesatto.

Lo stereotipo tipico di un gruppo è il modo in cui vede il gruppo avversario. Lo stesso concetto di nemico è uno stereotipo che impedisce magari di vedere nell’altro qualcuno di simile a noi.  Senza lo stereotipo del nemico a bella posta incattivito diventa difficile fare la guerra ed infatti, quando durante la prima guerra mondiale, la comune festività natalizia fece fare una spontanea tregua alle truppe inglesi e tedesche queste fraternizzarono e persero ogni spirito bellico, (http://it.wikipedia.org/wiki/Tregua_di_Natale).  Purtroppo gli stereotipi in un gruppo sono persistenti e i suoi membri vi si attaccano come le cozze allo scoglio.

Come salvarsi dal gruppo-pensiero?

Non esiste altro modo che incoraggiare il pensiero critico. Gli elementi che esprimono opinioni ancorate ai fatti e che non si appiattiscono sul pensiero comune sono l’unica arma contro le illusioni condivise. Purtroppo questi preziosi elementi spesso pagano prezzi molto alti per il loro indispensabile lavoro. Non a caso l’utile idiota ha sempre un posto assicurato in un gruppo mentre la persona onesta intellettualmente è spesso sola.

Nessun gruppo è immune dai nefasti effetti del gruppo-pensiero anche se questo può comparire in maniera lieve o più o meno grave. Tenere unito il gruppo è importante ma quanto più questo scopo viene ottenuto alterando l’attenzione collettiva tanto più le decisioni prese saranno disastrose e dovrebbe bastare questo a spingervi ad analizzare con onestà i gruppi di cui fate parte alla ricerca dei sintomi del gruppo-pensiero.

Piccolo Test conclusivo.

Mentre leggevate questo articolo  sicuramente avrete ripassato mentalmente le caratteristiche di un gruppo di vostra conoscenza.
Caso A:  se avete pensato ad un gruppo di cui fate parte allora avete dentro di voi gli anticorpi contro il gruppo-pensiero. Non ne siete immuni ,(come non lo è nessuno), ma potete combattere questo virus.

Caso B: la vostra mente è corsa ad analizzare un gruppo di cui non fate parte o, peggio, avete pensato addirittura ad un gruppo avversario?  Ho una brutta notizia da darvi: ci state dentro fino al collo. Malauguratamente il gruppo-pensiero è subdolo e chi crede di esserne immune è al contrario quello maggiormente sotto il suo influsso. Non disperatevi però, è una malattia da cui si può guarire. Coltivate il culto del dato oggettivo e analizzate sempre i comportamenti e le idee del vostro gruppo alla luce dei punti critici citati in questo articolo.

Ettore Panella

 

Nota:  per approfondire l’argomento dell’autoinganno e delle illusioni in tutte le sue espressioni consiglio vivamente di leggere il libro di Daniel Goleman:  Menzogna autoinganno illusione – rcs libri

 

 

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Questo articolo ha un commento

  1. LavoroItalia

    Un esempio di gestione mirata del processo decisionale di gruppo al fine di evitare scelte irrazionali ed esiziali si ebbe quando, dopo il fiasco dello sbarco nella Baia dei Porci, John Kennedy si trovo a gestire la delicatissima crisi dei missili di Cuba .

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